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Antonio Scurati e "la Resistenza in fattura", Gasparri fulmina la sinistra

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Una questione di soldi e la solita retorica anti-governo. Il caso legato al monologo di Antonio Scurati saltato in Rai continua a scatenare le polemiche.  "Per tanti, noi tra questi, difendere la libertà non ha prezzo. Per alcuni invece vale 1.800 euro al minuto", afferma su X il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri in merito alla vicenda che fa parlare la politica da 24 ore, e con un riferimento preciso alla richiesta che lo scrittore avrebbe fatto alla Rai per il suo monologo a Chesarà, il programma condotto da Serena Bortone su Rai1. Che ieri tra l'altra ha letto l’intervento dell'autore di "M. Il figlio del secolo" dopo che la stessa Giorgia Meloni aveva diffuso il testo integrale sui social. 

 

Tornando a Gasparri, il senatore azzurro punge Scurati: "La Resistenza non si mette in fattura". Nel centrodestra, ha parlato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani a margine dell’apertura della campagna elettorale di Forza Italia, a Milano: "Per quanto mi riguarda ognuno può dire quello che vuole senza insultare nessuno. Non mi sono mai permesso di chiamare nessuno, né alla Rai né altrove, per dire di non far parlare qualcuno. Per me questo non esiste. Però non bisogna neanche strumentalizzare tutto. Si tratta di tempeste in un bicchier d’acqua".

 

Intanto nelle trasmissioni Rai è stato letto il comunicato dell'Usigrai, sindacato di giornalisti del servizio pubblico, secondo cui "il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante". "Nessun controllo sull’informazione e nessuna censura sono state operate dall’azienda nei confronti di programmi e conduttori. La Rai è patrimonio di tutti gli italiani ed esprime oggi più che mai i valori del pluralismo e della libertà di espressione", replica Viale Mazzini che ribadisce: "Nessuno ha mai messo in discussione la possibilità di partecipazione dello scrittore Antonio Scurati alla trasmissione ’Che sarà’ condotta da Serena Bortone, la cui presenza era stata ampiamente annunciata. Il tentativo di strumentalizzare con polemiche sterili un caso montato sul nulla, rischia di vanificare il grande impegno che in questi mesi l’azienda ha profuso per migliorare il proprio assetto industriale ed economico e tutelare e valorizzare la grande tradizione del Servizio Pubblico", si legge nella nota. Chiarimenti che, come previsto, passano inosservati a sinistra con Schlein che torna simbolocamente in piazza davanti a viale Mazizni: “Questa Rai non è più servizio pubblico, la stanno trasformando nel megafono del governo”, dice a Repubblica. 

 

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