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Patto di stabilità, intesa sul nuovo accordo. Compromesso che accontenta tutti

Filippo Caleri
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L’Unione europea trova concordia sulle nuove regole del Patto di Stabilità, il complesso delle norme di finanza pubblica che deve rispettare ogni Stato membro. Ma è un po’ come nelle elezioni della Prima Repubblica in Italia: hanno vinto praticamente tutti. Dunque la prima regola è attendere per capire meglio cosa effettivamente è scritto nei documenti ufficiali. L’Italia, a caldo, porta a casa il recepimento delle richieste di estensione automatica del piano di rientro connessa agli investimenti del Pnrr che, in soldoni, si traduce in periodo di aggiustamento dei conti allungato da 4 a 7 anni. Altro punto a favore l’aver considerato un fattore rilevante la difesa ai fini della definizione degli aggiustamenti con il corollario che le spese militari non sono considerate nel disavanzo e, infine, lo scomputo della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027. Un vantaggio quest’ultimo che consente, al nostro Paese, di tirare un sospiro di sollievo perché il peso del costo del denaro in crescita ha aumentato considerevolmente la necessità di finanziamento dello Stato. Dunque, a prima vista, la sintesi è che il principio dell’austerity resta ma viene ammorbidito. Tanto è bastato a far trovare l’unanimità ai ministri delle Finanze dell’Ue.

 

 

Anche l’Italia ha dato il suo assenso, in uno «spirito di compromesso», come ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il nuovo patto, ha aggiunto, è «più realistico» di quello precedente. Inoltre, ha sottolineato, «l’Italia ha ottenuto molto e, soprattutto, quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese, volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito, mentre dall’altra guarda agli investimenti, specialmente del Pnrr, con spirito costruttivo». Per il commissario Paolo Gentiloni, se la riforma aggiunge «complessità» alla proposta della Commissione, ne conserva però «il cuore», in primis «l’equilibrio tra stabilità nella finanza pubblica e riforme e investimenti». Insomma tutti contenti per ora anche perché, quella concordata, non è la versione definitiva delle regole, che dovranno ora essere negoziate nei triloghi con il Parlamento Ue, che dovrebbero concludersi prima di fine legislatura.

 

 

Per la ministra spagnola Nadia Calvino, la riforma è «equilibrata», dato che prevede ben «quattro salvaguardie: sul debito, sul deficit, sulla controciclicità e per proteggere gli investimenti». Restano due bracci del patto: quello correttivo e quello preventivo. La procedura per deficit eccessivo non cambia (cambiano le sanzioni, che vengono abbassate in modo che sia più facile infliggerle), ma cambiano le condizioni cui dovranno sottostare i Paesi sotto procedura. Per evitare che gli Stati che finiranno in procedura la prossima primavera, tra cui quasi sicuramente l’Italia e la Francia, debbano tagliare gli investimenti in un momento in cui devono essere fatti viene introdotta nel testo, tramite un considerando, una forma di flessibilità, per cui la Commissione tiene conto della maggiore spesa per interessi valutando il percorso di rientro da concordare con il Paese limitatamente al periodo 2025-27. Vengono introdotte due salvaguardie orizzontali, valide per tutti, imposte dai falchi tedeschi, una sulla riduzione minima del debito annua (1% del Pil per i Paesi sopra il 90%, 0,5% per quelli tra il 60% e il 90%), l’altra sul deficit, più complessa, che era particolarmente problematica per l’Italia. Infine le spese militari restano fuori dal conteggio del deficit.

 

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