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Il canale WhatsApp piace i politici: chi ce l'ha e la classifica degli iscritti

Edoardo Romagnoli
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I politici sbarcano su WhatsApp la piattaforma di messaggistica istantanea più diffusa al mondo. Dal 17 ottobre la società di Meta ha dato la possibilità ai suoi utenti di creare dei canali che, a differenza delle normali chat, permettono solo di ricevere messaggi senza possibilità di rispondere. L’unica interazione possibile dei seguaci del canale è quella di mettere delle reazioni, gli emoticon, al messaggio postato.

Ma chi si è aperto un canale? Il premier Giorgia Meloni ha in poco tempo raccolto oltre 46mila iscritti, poi c’è Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, con oltre 20mila iscritti, presente anche il leader della Lega Matteo Salvini con 4.794 iscritti, segue a stretto giro il segretario di Italia Viva Matteo Renzi con 4.324 iscritti, l’ex alleato Carlo Calenda con solo 1.857 seguaci. I partiti non sono presenti ad eccezione del Partito democratico che ha collezionato 4.739 iscritti sul proprio canale.

 

Ovviamente la scelta dei politici di sbarcare su WhatsApp non è casuale. Le europee sono alle porte e uno strumento come quello di Meta permette loro di diminuire la distanza con gli elettori e soprattutto di continuare quell’opera di disintermediazione che i social permettono. Una disintermediazione che permette ai politici di raccontare la loro versione dei fatti, saltando a piè pari i media tradizionali. Come con Instagram, X (ex Twitter) e Facebook, con WhatsApp i politici possono veicolare i loro messaggi direttamente al pubblico.

E potenzialmente è un pubblico immenso visto che l’app è presente sul 78,5% degli smartphone degli italiani ed è utilizzata da 33,8 milioni di persone che ci passano in media circa 10 ore e 30 minuti al mese. Ovviamente non c’è bisogno di essere un politico per aprire un canale, tutti hanno la possibilità di creare il proprio. Ci sono solo alcuni passaggi da fare, prima bisogna creare il canale poi si deve inoltrare la richiesta a Meta, la società di Mark Zuckerberg proprietaria dell’app, per avere la certificazione. Una volta ottenuta la «spunta verde» il canale diventa ufficialmente operativo. Ci sono però alcune considerazioni da fare, non tanto per quello che riguarda i normali utenti, ma sull’utilizzo di questo strumento per un politico.

La politica è l’arte della mediazione e per antonomasia la mediazione è questione complessa e la complessità, nel secolo della post comunicazione, è nemica della comprensione; soprattutto quando c’è poco tempo e scarsa attenzione verso i contenuti. E così se i long form ancora resistono soprattutto su quelle piattaforme che hanno una fruizione passiva, come possono essere i podcast o i video su YouTube, su altre tipologie di medium, dove al contrario la fruizione è attiva, il testo dei messaggi è sempre più corto, la quantità è sempre maggiore e il ritmo è sempre più frenetico. Ma davvero i canali WhatsApp, in cui non si può neanche rispondere, sono il luogo ideale per coltivare una community politica? O semplicemente stiamo assistendo alla trasformazione della comunità in pubblico, da cittadino a spettatore?

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