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Dl Caivano, daspo per i 14enni e pene ai genitori: stretta sui minori

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Adriano Bonanni
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Età per il daspo urbano e avviso orale del questore che si abbassa ai 14 anni, ma dovrebbe saltare il divieto di utilizzo del cellulare fino a 2 anni per chi viene «ammonito», ammonimento anche per i 12enni. Sono alcune delle voci contenute nella bozza del decreto di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile che oggi approderà in Consiglio dei ministri. Quattordici articoli che nascono dall’urgenza «del contrasto alla criminalità minorile e all’elusione scolastica, e per la tutela dei minori vittime di reato» nonché per «rafforzare la tutela, nello spazio cibernetico, delle vittime dei reati commessi per via telematica» dopo i fatti di Caivano e lo stupro di Palermo. Al Parco Verde dunque dovrebbe arrivare un commissario per la realizzazione del piano di interventi da trenta milioni e riportare a nuova vita la struttura, nata come impianto multisportivo e oggi terra di nessuno, tra spaccio e violenze. Fronte criminalità giovanile, la bozza prevede Daspo urbano e avviso orale del questore anche per i minorenni che abbiano compiuto 14 anni, a cui si sarebbe dovuto aggiungere anche il divieto d’uso, totale o in parte, di cellulari o piattaforme online per i 14enni raggiunti da avviso orale e «condannati, anche con sentenza non definitiva». Misura che però dovrebbe saltare perché risulta difficile poterla mettere in atto. Non solo.

 

 

In caso di risse, violenze e minacce tra minori, potrebbe scattare l’ammonimento per i minori che abbiano compiuto i 14 anni anche senza querela o denuncia. Inoltre l’ammonimento può arrivare anche a 12enni per reati che prevedono la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. La stretta, si legge nella bozza, varrebbe anche per i genitori che potrebbero pagare fino a mille euro di multa in caso di 12-14enni sottoposti ad ammonimento, «salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto». I genitori sono chiamati in causa anche per il contrasto alla dispersione scolastica: chi «omette senza giusto motivo d’impartirgli odi fargli impartire l’istruzione obbligatoria», rischia fino a 2 anni di carcere. La bozza inoltre prevede pene più severe per il possesso di armi e di droga di «lieve entità», la nascita di un osservatorio sulla devianza minorile e l’oblio online per le vittime di reati, con la possibilità di chiedere la rimozione dei propri dati a siti e social.

 

 

In attesa del Consiglio dei ministri, a parlare è stato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini che chiede un ulteriore provvedimento, per «abbassare l’età per essere imputabili dai 16 anni in giù» perché «il 14enne di oggi che gira con pistole e coltelli non è lo stesso di 30 anni fa, è capace di intendere e di volere e se sbaglia deve pagare». Bozza che non è piaciuta alle minoranze. Sui social Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Partito democratico ha scritto così: «Il carcere agli under 14 è la risposta sbagliata e propagandistica a un grande problema sociale ed educativo. La politica di Salvini è saltare in groppa al fatto di cronaca e cavalcarlo, non dare soluzioni. Rinchiudi un bambino e getta la chiave è il nuovo garantismo della Lega?». Elena Bonelli, deputata di Azione Iv Renew Europe, ha commentato: «Non si può dire che un quattordicenne che agisce con violenza basta che venga messo in prigione per risolvere il problema. Perché se quel quattordicenne vive in un contesto violento la responsabilità è anche nostra, non è soltanto sua. E alla giustizia retributiva, che vuole solo compensare con la punizione, dobbiamo con forza contrapporre quella giustizia riparativa che sa ricostruire legami di umanità e di comunità, che sono l’unico luogo nel quale vogliamo che i giovani possano crescere».

 

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