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De Angelis, sinistra smemorata: quando D'Amato e Bonelli criticavano la sentenza su Bologna

Oggi attaccano il dirigente della Regione Lazio ma nel '95 votarono e firmarono una mozione che difendeva Mambro e Fioravanti

Christian Campigli
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C'era una volta la sinistra. Che invocava verità sulle stragi a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Ottanta. Una verità storica, indipendente da quella accertata dai Tribunali della Repubblica. Una verità più complessa, più difficile da trovare e, forse, persino da accettare. Era il 22 dicembre del 1995 e in Consiglio Regionale del Lazio veniva presentata una mozione a firma di Andrea Augello, Marina Rossanda, Alessandro Foglietta, Marco Verzaschi, Vittoria Tola, Romolo Guasco, Roberta Ercoli, Armando Dionisi, Massimiliano Maselli e Angelo Bonelli. Quest’ultimo oggi è deputato e portavove di Avs, l’alleanza tra Verdi e Sinistra. Il testo aveva come oggetto la «condanna di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro per la strage di Bologna». Dopo le premesse e le considerazioni, il documento, come da prassi, avanzava tre richieste. «La Commissione Parlamentare di inchiesta sulle stragi dia luogo alle necessarie audizioni per acquisire le dichiarazioni dei testimoni a difesa di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che non sono stati ammessi nel dibattito processuale».

 

Si chiedeva che la stessa Commissione «esamini con una ulteriore serie di audizioni tutti gli elementi di contraddizione dell’impianto accusatorio che ha portato alle condanne di Mambro e Fioravanti, partendo dalle motivate obiezioni proposte dal comitato E se fossero innocenti?». Ma non basta. Nella mozione si chiedeva anche che la Commissione riesaminasse «tutti gli elementi di collegamento che sussistono tra la strage di Ustica e quella di Bologna».

Durante la discussione in aula l’allora Presidente Piero Badaloni sottolineò la propria posizione. «Conosco personalmente Giusva Fioravanti, l’ho visto crescere e credo che le parole dette qui a proposito della strage di Bologna ed i dubbi espressi siano pienamente condivisibili». Quella mozione, che criticava in modo evidentela Cassazione, venne approvata all’unanimità. Con il voto favorevole, tra gli altri, anche di Alessio D’Amato, ex candidato alla regione Lazio, sconfitto da Francesco Rocca nello scorso febbraio. Il comitato «E se fossero innocenti?», creato dopo la sentenza di condanna definitiva di Mambro e Fioravanti, nacque interamente in seno alla sinistra. Piero Badaloni, all'epoca Presidente della Regione Lazio (e pochi mesi fa Presidente del comitato del candidato presidente del Pd Alessio D'Amato) presentò al Presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino una mozione con cuila regione Lazio all'unanimità chiedeva la revisione del processo.

 

Oggi, quella sinistra non c’è più. È stata sostituita da un universo progressista pronto a mandare al rogo Marcello De Angelis per aver osato, semplicemente, dire ciò che Badaloni, Augello, D’Amato e Bonelli sostennero pochi giorni prima del Natale del 1995. Ma l’aspetto più grottesco dell’intera vicenda, giunge proprio dalla parole di fuoco di due dei protagonisti di quella mozione del 1995. «Riteniamo che quanto scritto, e peraltro ribadito da Marcello De Angelis, sia estremamente serio e incompatibile con il suo ruolo di responsabile della comunicazione istituzionale della Regione. Non possiamo accettare che un tentativo di revisionismo storico, su sentenze passate in giudicato e sulla matrice neofascista della strage come scritto recentemente dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, provenga da una figura istituzionale. Le vittime della strage di Bologna e i loro familiari meritano rispetto». È questo il testo di una nota dei capigruppo di opposizione in Regione Lazio di ieri firmata, tra gli altri, anche da Alessio D'Amato. E che dire del leader dei Verdi, Angelo Bonelli. «Il partito di Giorgia Meloni è imbarazzante. È bastata una cena per assolvere De Angelis. Di questa situazione ha la responsabilità politica la premier Meloni, che difende con il silenzio gli indifendibili». Ah, la coerenza, questa sconosciuta.

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