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Riforme, al via il tavolo ma la sinistra non le vuole

Edoardo Romagnoli
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Oggi andrà in scena il primo vero faccia a faccia tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Giornata fitta di incontri per la maggioranza che vorrebbe aprire la stagione delle riforme iniziando dall’introduzione del semipresidenzialismo alla francese, come indicato da Fratelli d’Italia, o del premierato, più gradito a Forza Italia. Mentre per ora resta fuori l’autonomia differenziata che Meloni ritiene troppo divisiva per cercare l’intesa con le forze di opposizione. «L’atteggiamento che mi aspetto» dal tavolo sulle riforme al via da domani «è lo stesso che offro io: è di apertura. Cerchiamo di capire se ci sono dei punti di sintesi in cui ci si può trovare tutti. Certo, da alcune dichiarazioni che leggo vedo delle chiusure pregiudiziali del tipo ’non vogliamo nemmeno parlarnè e non è quello che auspico. Dopodiché, io non arrivo con la mia ricetta o un modello ma con degli obiettivi: per me gli obiettivi sono garantire un rapporto diretto tra quello che fa il governo e i cittadini e garantire stabilità» ha detto Meloni. «Si possono copiare altri modelli o inventarne di nuovi, ma quel che conta e condividerli altrimenti uno prende atto che si vuole continuare a fare governi che passano sulla testa dei cittadini ma -sia chiaro- io ho un mandato. Io offro massima disponibilità se c’è disponibilità, ma non accetto atteggiamenti aventiniani o dilatori, nel senso che faccio quel che devo fare», ha concluso secca la premier.

Al tavolo per il governo insieme a Giorgia Meloni ci saranno: la ministra per le Riforme istituzionali Maria Alberti Casellati, il ministro degli<ET>Esteri Antonio Tajani, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e i sottosegretari Fazzolari e Mantovani. Si inizia alle 12,30 con il Movimento 5 Stelle, la delegazione pentastellata sarà formata da: Giuseppe Conte, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli e dai rappresentanti del Movimento nella Commissione Affari costituzionali della Camera e del Senato Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino. «Se per il Governo è prendere o lasciare il suo progetto, che peraltro ha già annunciato e che mi sembra molto avventuroso, allora è il Governo che rompe il dialogo» ha detto Conte. Si continua alle 14 con il gruppo per le Autonomie e la componente delle minoranze linguistiche, poi alle 15,15 sarà il turno di Azione-Italia Viva e Renew Europe che saranno rappresentate dai due leader Carlo Calenda e Matteo Renzi insieme a Raffaella Paita e Maria Elena Boschi. Il Terzo Polo ribadirà il proprio assenso al premierato e il no all’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Mentre alle 16,15 sarà la volta di +Europa, per le 17,30 è atteso il gruppo dell’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli insieme ai capigruppo Peppe De Cristofaro e Luana Zanella. Per Avs la «Costituzione non si tocca, si applica».

 

 

 

«Andremo all’incontro rimanendo fortemente critici sia con l’impostazione, questa non è materia governativa ma parlamentare, che con le proposte della destra che mirano a spostare il potere verso l’esecutivo ai danni del Parlamento. Ma soprattutto non siamo disponibili a riforme che mettano in mora il ruolo del Presidente della Repubblica, unico garante dell’unità d’Italia, o che spacchino il paese come la scellerata autonomia differenziata di Calderoli» ha detto il capogruppo al Senato Peppe De Cristofaro. Si conclude alle 18,30 con il Partito democratico. Ieri alle 8 si è svolta la segreteria dem, che ha coinvolto anche le commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, in cui Schlein ha messo a punto la strategia del partito riassumibile in un no all’elezione diretta del presidente del Consiglio e, men che meno, del Presidente della Repubblica. Apertura, invece, all’ipotesi di cancellierato, con un pacchetto di norme che comprende anche la «sfiducia costruttiva»; ossia l’impossibilità da parte del Parlamento di sfiduciare il governo se prima non ha concesso la fiducia al nuovo esecutivo. Il punto cruciale è che il governo per quanto sia in netta maggioranza sia alla Camera che al Senato ha bisogno di «condividere» il percorso di riforma costituzionale per non vederlo naufragare. E questo le opposizioni lo sanno e potrebbero fare leva su questo per mettere i bastoni fra le ruote del governo.
 

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