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Migranti, proposta di legge per ripristinare i decreti sicurezza di Salvini

Edoardo Romagnoli
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La Lega vuole modificare i decreti sicurezza Salvini approvati durante il Conte II, passato alla cronaca come il governo giallo-rosso, riportandoli al testo originale approvato durante il Conte I quando il Carroccio e il M5s governavano assieme.
L’obiettivo è fare in modo che i soldi spesi per i corsi di integrazione dei migranti, per esempio quelli per insegnare loro l’italiano, siano destinati a quelle persone che hanno i requisiti per rimanere sul territorio italiano senza impiegare risorse per quei migranti che, per mancanza di requisiti, sono destinati a essere espulsi o rimpatriati.

 

Per questo il 9 marzo alla Camera dei Deputati, in Commissione affari costituzionali, verranno incardinate due proposte di legge, di cui una con relatore il deputato Igor Iezzi della Lega. Ricostruiamo la vicenda. Durante il governo «giallo-verde» si era tentato di riformare il sistema dell'accoglienza dei migranti nel tentativo di coniugare due esigenze: da una parte l'adeguata tutela da garantire alle persone realmente in stato di bisogno, dall'altra l'interesse nazionale al controllo delle frontiere. Con il decreto legge 4 ottobre del 2018, n.113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n.132, conosciuto come il primo «decreto sicurezza» si era riformato il concetto di «protezione umanitaria» che appariva troppo vaga trasformandolo in «protezione speciale».

 

Il rischio era che se non si fosse definito precisamente il concetto di protezione umanitaria avrebbe finito per concedere a un numero sempre più alto di migranti la possibilità di rimanere in Italia anche senza una vera e propria ragione. Con la dicitura «protezione speciale» si sono definiti i motivi per cui è possibile accedere ai piani di accoglienza. Poteva richiedere la protezione speciale chi fosse affetto da condizioni di salute particolarmente critiche, chi si fosse distinto per atti di particolare valore civile e chi fosse stato vittima di violenza, di sfruttamento oppure di calamità naturali. Un ampio spettro di condizioni che rendevano possibile essere accolti nel nostro Paese. Il fatto però è che con il decreto legge del 21 ottobre 2020, n.130, convertito poi dalla legge del 18 dicembre 2020, n.173, l'impianto originale è stato stravolto.

Una delle modifiche ha riguardato proprio l'estensione dell'elenco delle condizioni per richiedere la protezione speciale.
Non solo. La soglia di pericolo in caso di ritorno nel Paese d'origine a cui era condizionato il rilascio di molti permessi di soggiorno è stata stemperata. Si è anche disposta la convertibilità dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro anche ad altre tipologie di permessi come, per esempio, quello per protezione speciale. Tante delle ipotesi di respingimento ed espulsione sono state limitate. Come è stato eliminato anche il requisito reddituale per gli studenti stranieri e il loro obbligo ad assicurarsi contro il rischio di malattia, infortunio o maternità.

 

In tema di stranieri non accompagnati che usufruivano di un permesso di studio è sparito il requisito che vincolava il rinnovo di tale permesso al parere favorevole del Comitato per i minori stranieri. Un allentamento che, come dimostrano i numeri del Viminale, avrebbe reso il nostro Paese più attrattivo per chi emigra. Secondo il Ministero dell'Interno il numero di migranti sbarcati dal 1° gennaio 2021 al 13 ottobre 2021 è stato pari a 48.987, a fronte di 25.920 e di 8.154 riferiti rispettivamente allo stesso periodo degli anni 2020 e 2019. Un aumento di flussi che, secondo i deputati che presenteranno la proposta di legge, ha messo «ancora più in difficoltà il sistema di accoglienza e di integrazione». Per questo la proposta di legge, con Iezzi primo firmatario, si propone di tornare al testo originale del primo «decreto sicurezza» reintroducendo le disposizioni previste dall'assetto concettuale originario del decreto legge n.113 del 2018. 

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