Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Elezioni regionali 2023, una vittoria schiacciante del centrodestra. Ora il rebus delle poltrone

Martina Zanchi
  • a
  • a
  • a

Quella che ha portato Francesco Rocca alla guida della Regione Lazio è una vittoria netta, schiacciante. Un successo del centrodestra unito che però, guardando ai risultati ancora parziali, porta soprattutto la firma di Fratelli d’Italia. Nel 2018, quando Nicola Zingaretti ha prevalso con poco meno del 33%, il partito di Giorgia Meloni era al terzo posto in coalizione, dopo Forza Italia e Lega. Ma nella politica italiana cinque anni sono un’era geologica. E così, da quell’8,7% tutto è cambiato. Spinto dal vento favorevole delle ultime politiche, quando FdI è schizzato intorno al 30% facendo di «Giorgia» il primo premier donna della Nazione, nel Lazio quasi cinque mesi dopo il partito arriva intorno al 34%. E come avvenuto il 25 settembre, gli altri partiti della coalizione contribuiscono al successo ma seguono da lontano. Tiene in percentuale la Lega, intorno all’8%, pur con un drastico calo di voti. E si dice «davvero soddisfatto» il coordinatore regionale Claudio Durigon, mentre aspetta «i risultati delle liste». Quello del Carroccio è un destino condiviso con Forza Italia, che in più deve registrare il sostanziale dimezzamento del risultato, dal 14% delle regionali 2018 a circa il 7% delle scorse ore.

 

 

Risultati che, va detto, sono significativamente diversi nelle province, dove Lega e Forza Italia dimostrano di essere più radicati rispetto alla Capitale. A Latina, ad esempio, gli azzurri si attestano al 19% e a Rieti il Carroccio è il secondo partito dopo FdI, intorno al 22%. Débacle profonda quella del Movimento 5 Stelle laziale, che stavolta rischia di non raggiungere il 10% mentre cinque anni fa la lista grillina, con oltre 559mila voti (22%), superò quelli raccolti dai dem. Anche nel 2018 i pentastellati decisero di correre da soli, sostenendo Roberta Lombardi, ma il clima nazionale era decisamente più favorevole. Il 4 marzo di quell’anno, infatti, si è votato anche per le politiche e l’exploit grillino, oltre il 32%, portò alla nascita del governo giallo-verde. Ma il leader Giuseppe Conte tiene la linea. «I risultati ci dicono che la somma algebrica non ci avrebbe portato da nessuna parte», ha detto a urne chiuse. Chiaro il riferimento al centrosinistra e al candidato sconfitto Alessio D’Amato, che ha puntato il dito proprio contro le scelte politiche dell’ex premier nel Lazio. Ma pur nella sconfitta il Partito Democratico può dire di aver tenuto la posizione. Nel 2018 il risultato della lista è stato del 21,25% e cinque anni dopo trascorsi dieci anni al governo della Regione i dem si attestano ancora intorno al venti.

 

 

Ciò che è cambiato nettamente, però, è l’affluenza. Dal 66,55% di allora al 37,19% registrato ieri alle 15. Un disamore nei confronti dei seggi che alla luce dei risultati sembra dimostrare, da una parte, la voglia degli elettori di centrodestra di partecipare a una vittoria considerata molto alla portata, e dall’altra la sfiducia del popolo di sinistra, solitamente più propenso a recarsi alle urne. «È su partecipazione e fiducia nella politica che dobbiamo lavorare», evidenzia infatti Bruno Astorre, segretario regionale del Pd, mentre il leader nazionale uscente Enrico Letta non riesce a trattenere un moto di orgoglio. «Il Pd - ha detto infatti Letta - ottiene un risultato più che significativo, dimostra il suo sforzo coalizionale e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo». Ben diverso il giudizio di Carlo Calenda, che non lesina l’autocritica. «Risultati deludenti - ha twittato il leader del Terzo Polo - Nel Lazio dove eravamo in coalizione e in Lombardia dove eravamo soli. Le regionali per un partito nuovo e di opinione sono difficilissime. Da domani si accelera su partito unico e si riparte». E mentre gli sconfitti sono costretti alla solita analisi, la vera partita si apre ora alla Pisana. Manca ancora il dato - fondamentale - delle preferenze, ma le percentuali di ieri potrebbero tentare più di qualcuno in FdI a tentare la mossa dell’«asso pigliatutto». Tra assessorati da assegnare, presidenze e vicepresidenze, trovare un equilibrio con gli alleati sarà prioritario per la tenuta del nuovo corso targato centrodestra.

 

Dai blog