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Regionali Lombardia, dopo il sondaggio occhi puntati su Majorino. Test sulla sinistra

Christian Campigli
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La Lombardia come laboratorio della sinistra che sarà. Un test fondamentale, quello delle regionali del prossimo mese. E non solo per l'enorme importanza, economica e politica, del territorio amministrato da ventinove anni dai conservatori. Il centrosinistra, per una volta tanto, non è rimasto a metà del guado. Ha scelto un candidato, Pierfrancesco Majorino, ben delineato. Con una forte e marcata ascendente “di sinistra”, determinato a riformare la sanità pubblica, attento ai diritti dei più deboli e delle zone più degradate dell'area urbana milanese. Non è un caso che anche il leader dei Sentinelli, Luca Paladini, da sempre titubante a “gettarsi nella mischia”, abbia accettato di correre per un seggio in consiglio regionale. Un segnale forte, deciso, dell'orientamento squisitamente progressista di Majorino. Vi è poi un secondo aspetto, altrettanto rilevante: l'alleanza con i Cinque Stelle e l'opposizione, netta e senza sconti, al candidato del Terzo Polo, Letizia Moratti.

Ieri, durante la trasmissione televisiva “L'aria Che Tira”, talk mattutino de La7, è stato reso noto un sondaggio, secondo il quale Attilio Fontana, governatore uscente e candidato dei moderati, sarebbe in vantaggio cinque punti, quarantacinque a quaranta. Un gap importante, ma non drammatico. Tra tante incertezze, una solida convinzione: il risultato delle elezioni lombarde inciderà, in modo pressoché determinante, anche sul congresso del Partito Democratico. Perché è evidente come, a Milano e dintorni, sia passato “il modello Schlein”.

Un candidato non ambiguo, un'alleanza forte con i grillini e un'opposizione non tentennante al Terzo Polo. Se la nativa di Lugano diventerà segretario del Pd, lo schema verrà riproposto in modo sostanzialmente identico in tutta Italia. Al contrario, se Fontana verrà confermato al Pirellone, le possibilità che la trentasettenne sconfigga Stefano Bonaccini si ridurranno al lumicino. Due modelli contrapposti, ma soprattutto, due strategie di alleanze distanti anni luce. Un'elezione, quella lombarda, che sancirà anche il futuro del più importante partito di sinistra. Con Renzi, Calenda e Conte spettatori tutt'altro che disinteressati dell'intera vicenda.

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