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Conte, vacanze a 5 Stelle a Cortina. La sinistra del diritto al lusso

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Lontani i tempi in cui l'impegno politico era totalizzante. Oggi, pausa vuol dire pausa vera. Sia dalle fatiche quotidiane della leadership sia dall'approdo mediatico di tutto questo. Ecco allora che spunta un «flash» birichino di Dagospia che ci mostra le foto di Giuseppe Conte e la sua compagna «beccati al Grand Hotel Savoia Cortina d'Ampezzo». E, aggiunge Dago «non poteva che essere un 5 Stelle». Insomma, pausa sì, anche iconografica. In questi ultimi mesi, dalla campagna elettorale in poi, eravamo abituati a vedere il leader pentastellato come messia delle periferie delle città del Sud, cantore del disagio sociale (che è una cosa seria, e va ben oltre certe demagogie gonfiate con toni che evocano la guerra civile), difensore strenuo del reddito di cittadinanza come linea Maginot della tenuta democratica. Eravamo abituati a vederlo in collegamento con varie trasmissioni televisive che lo intervistano mentre si trova in una piazza, con alle spalle gruppi di disoccupati, tutti assolutamente aggrappati al beneficio che, secondo Di Maio (chi era costui?), avrebbe dovuto sconfiggere la povertà. Insomma, di nuovo Avvocato del Popolo. Almeno nell'orario d'ufficio.

Ora, infatti, eccolo lì Conte, ritratto al sole delle Dolomiti irradiare un alito delicatamente elitario, con indosso un dolcevita nero che fa molto esistenzialista francese, più uso ad un reading alla libreria parigina «Shakespeare and Company» che ad una calata ad alto tasso di decibel nello Zen di Palermo. E sì, perché Conte per appeal e status sociale in mezzo a quelle nevi così auguste non è per niente un pesce fuor d'acqua. E te lo immagini, aggiungendo qualche pagina di copione al film che incastonò Cortina nell'immaginario collettivo, ossia Vacanze di Natale, assolutamente a suo agio ad una tavolata coi Covelli, del tutto amalgamabile in un «capodanno dai Furstemberg».

A differenza dei Marchetti loro sì, popolani veri, irrimediabilmente ancorati al complesso della villeggiatura a Ovindoli. Ovviamente non c'è nulla di male nella vacanza a cinque stelle di Conte, sul piano sostanziale. Ma questo accadimento piccolo piccolo apre a due riflessioni ben maggiori. La prima è senz'altro politica, e certifica l'archiviazione definitiva, totale, irreversibile, del Movimento 5 Stelle alla vecchia maniera, quello tutto frugalità ostentata. Ma a quello già c'aveva pensato Di Maio con il proprio ben gradito assorbimento negli agi del Palazzo.

Il secondo punto, invece è del tutto culturale. E collega il relax di Conte al lacrimante Soumahoro che difende il «diritto» della sua compagna di ostentare borse costose. O magari anche all'ormai arcinoto Antonio Panzeri, ex eurodeputato prima Pd e poi Articolo 1, uso a vacanze da emiro, nelle more della presunta corruttela del Qatar. A differenza della compagna di Soumahoro e di Panzeri, quella di Conte non è una vicenda giudiziaria, certo. Ma delinea quel rapporto irrisolto della sinistra con il lusso. Moralizzano sulla ricchezza altrui, evocando «redistribuzioni», uguaglianza ideologica e tasse patrimoniali, salvo poi subirne il fascino nella propria dimensione domestica e umana. Perché funziona così, ad alzare l'asticella morale poi finisce che quest' ultima ti casca in testa. E rimane scolpito nella pietra il vecchio brocardo di Ennio Flaiano: «Non sono comunista perché non me lo posso permettere». 

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