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Meloni a Porta a Porta archivia il discorso Mes: "L'Italia non lo prenderà, firmo col sangue"

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La legge di bilancio «si può e si deve migliorare» ma non è «una catastrofe». Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, mentre alla Camera si assiste alla corsa contro il tempo per approvare la manovra, la difende e incoraggia i suoi parlamentari a non mollare, a «stare in aula fino all'ultimo giorno: come si dice, il gioco vale la candela».

Il premier riunisce deputati e senatori a Montecitorio per gli auguri natalizi e li sprona, all'inizio di una giornata che la porterà a incontrare il corpo diplomatico e poi a tornare in tv per la prima volta da capo del governo, nello studio di Porta a Porta, dove assicura che «l'Italia non accede al Mes. Lo posso firmare col sangue».

Tre occasioni per tracciare un primo bilancio, non finanziario ma generale, dell'azione dell'esecutivo su diversi fronti, dai migranti alla politica estera, dal reddito di cittadinanza a Pos. Annunciando la partenza, avvenuta ieri sera, per l'Iraq dove visiterà i militari italiani. «Tra mille difficoltà, anche di rodaggio, con giorni complessi per la legge di bilancio e nonostante tutto quello che si può e si deve migliorare, rispetto a chi si augurava e prefigurava una partenza del governo come una catastrofe, penso che questo racconto contro di noi gli sta simpaticamente tornando indietro come un boomerang», esordisce Meloni parlando ai parlamentari, ai quali annuncia la partenza in serata per l'Iraq, per «portare gli auguri ai nostri militari impegnati nelle missioni di pace», che «sicuramente si sacrificano più di noi».

La presidente del Consiglio raggiungerà la base italiana di Erbil, nel Kurdistan iracheno, per poi spostarsi anche a Baghdad. «Altri 4-5 ministri sono in partenza per altrettante destinazioni dove sono impegnati i nostri militari», aggiunge, prima di brindare con onorevoli e senatori, che ricevono in dono un panettone dell'azienda siciliana «Fiasconaro» in una confezione speciale firmata dagli stilisti Dolce e Gabbana. Quindi la premier si sposta alla Farnesina Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori. Qui il focus è sulla politica estera e in particolare sul conflitto in Ucraina, in merito al quale «l'Italia ha fatto ciò che doveva e continuerà a farlo», assicura, rivendicando che «la stella polare del nostro impegno è la ricerca di un dialogo e di una pace giusta». Come corollario, aggiunge che «la spesa militare è necessaria per difendere i propri interessi nazionali» e invita gli italiani a «spegnere un'ora al giorno la luce per vedere come si sta e cosa fanno queste persone per difendere la loro libertà».

Più tardi annuncia un colloquio telefonico con «Zelensky prima di Natale, perché voglio fare gli auguri al popolo ucraino», e il viaggio a Kiev «che vorrei fare nei prossimi mesi del prossimo anno». Cambio di scenario per l'intervista a tutto campo da Bruno Vespa negli studi della Rai. Dove tengono banco soprattutto le questioni interne. Tra queste la ratifica del Mes - «se siamo gli unici che non approvano la riforma blocchiamo anche gli altri», ma «non è un grande tema e ne discuterà il Parlamento», afferma - e poi apre il capitolo migranti: «Quelli che accogliamo noi sono quelli che hanno soldi da dare agli scafisti. Non è un modo intelligente di gestire profughi e immigrazione», attacca, rivendicando «le frizioni con la Francia».

Ma il richiamo principale che Meloni intende ribadire è quello all'ottimismo. Alla fine della legislatura «mi aspetto un'Italia ottimista, che si fidi delle sue istituzioni», è l'auspicio della premier, che dal canto suo si mostra sicura: «non ho paura», assicura, «so a cosa vado incontro, quali sono i poteri con cui ho a che fare, quali sono le incrostazioni e so che incontreremo tante trappole su questo percorso. Non ho niente da perdere» e «l'unica cosa che mi spaventa è deludere». 

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