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Elezioni regionali, Nicola Procaccini: accordo veloce per il Lazio

Daniele Di Mario
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«Per la Regione Lazio, come per i Comuni che andranno al voto in primavera, il centrodestra troverà l’accordo velocemente. Oggi siamo al governo insieme, errori, incomprensioni e lungaggini del passato non si ripeteranno. Anzi, credo che il candidato governatore sarà ufficializzato in tempo strettissimi». Ad assicurarlo è Nicola Procaccini. Già sindaco di Terracina, è europarlamentare e responsabile Ambiente ed Energia di Fratelli d’Italia, nonché dirigente vicinissimo a Giorgia Meloni, di cui è stato braccio destro quando il premier era ministro della Gioventù.
Onorevole Procaccini, ieri ad «Agorà» ha dato la propria disponibilità a candidarsi alla presidenza della Regione Lazio.
«Mi faccia chiarire. Stavamo parlando di migranti ed energia, poi il discorso è andato su Zingaretti, Bettini e il caso Lazio. A quel punto mi è stato chiesto se fossi disposto a candidarmi governatore. E ho risposto quello che qualsiasi dirigente di Fratelli d’Italia risponderebbe, cioè che se me lo chiedesse Giorgia Meloni lascerei le cose di cui mi sto occupando e lo farei. Ma ora sono concentrato sul mio ruolo di eurodeputato. Giorgia Meloni non me lo ha chiesto e non credo me lo chiederà. Ho dato una risposta lapalissiana, nessuna autocandidatura quindi».
Anche Fabio Rampelli ha dato la propria disponibilità a candidarsi governatore.
«Credo che Rampelli ambisca, del tutto legittimamente, a ricoprire quel ruolo. Ma anche nel suo caso non credo si sia trattato di una autocandidatura, il vicepresidente della Camera si è semplicemente detto disponibile a rispondere presente a una eventuale chiamata. Tutto qui».
Il Pd ha già scelto il proprio candidato, Alessio D’Amato. E anche il quadro delle alleanze a sinistra sembra definito, con la rottura del campo largo. A questo punto il centrodestra deve mettere presto in campo la propria proposta.
«Credo che la riserva verrà sciolta a breve, non ci saranno le lungaggini del passato, come ad esempio avvenuto a Roma».
Perché ne è convinto?
«Il centrodestra troverà l’accordo facilmente perché rispetto al passato è mutato il quadro nazionale. Oggi governiamo insieme. In passato noi di FdI eravamo all’opposizione, Lega e FI al governo, alcune tensioni e incomprensioni erano fisiologiche e trovare una sintesi era più difficile. Oggi non è più così. Le elezioni politiche ci hanno restituito una coalizione coesa che governa insieme. Su Regioni e Comuni l’accordo si troverà molto facilmente».
Sono cambiati anche i rapporti di forza. FdI è nettamente primo partito e nessuno ha messo in discussione che il compito di indicare in candidato governatore nel Lazio spetti a Fratelli d’Italia.
«Vero, oggi il nostro partito è più forte. Ma c’è anche un equilibrio nazionale di cui tenere conto. FdI governa solo in due Regioni, Abruzzo e Marche, peraltro con un numero di abitanti molto esiguo. In Sicilia Musumeci, ora al governo, ha lasciato spazio a Renato Schifani di Forza Italia, che confermerà anche Toma in Molise. In Lombardia è già ricandidato Attilio Fontana, della Lega. È quasi naturale che nel Lazio l’onere e l’onore di formulare una proposta spetti a Giorgia Meloni. Ovviamente ci sarà un confronto con gli alleati, non sarà una candidatura a scatola chiusa. Niente prendere o lasciare, insomma. Dovrà essere un nome ampiamente condiviso».
FdI proporrà un nome o una rosa di nomi?
«Credo che il metodo sia proporre un nome e poi confrontarsi su di esso. Se va bene ok, altrimenti si procederà con un’altra proposta. L’obiettivo è avere il gradimento degli alleati, la massima condivisione. Tutti dobbiamo essere convinti del nostro candidato, altrimenti sarà difficile fare campagna elettorale e convincere i cittadini».
Si parla insistentemente di una candidatura tecnica di area centrodestra. Il nome sarebbe quello di Francesco Rocca.
«È vero, è un nome che gira molto. Rocca è un tecnico molto valido e al confine con la politica, perché la Croce Rossa, che presiede, somiglia molto a una organizzazione politico-amministrativa. Inoltre ha militato nella destra giovanile. A me farebbe piacere se fosse lui il candidato. Siamo amici, ma non parliamo di politica da tempo».
Pare sia stato già sondato e abbia dato la propria disponibilità.
«Ripeto, lo stimo. La sua candidatura sarebbe utile e farebbe bene. La Regione Lazio negli ultimi anni è stata disamministrata. Al di là degli scandali smascherati anche da Il Tempo, il territorio è stato abbandonato, le infrastrutture sono ferme. La sinistra è scappata dalle responsabilità di governo per agevolare il percorso politico di Nicola Zingaretti e il Lazio ha perso competitività. Servirebbe una persona capace ed esperta nella gestione di crisi».

Lei è eurodeputato. Parliamo dell’emergenza migranti. Ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sentito il suo omologo francese Macron.
«È normale che tra capi di Stato ci si parli e ci sia una interlocuzione. Certo quanto accaduto con la Ocean Viking è increscioso. Ma i problemi tra Meloni e Macron non sono di naturale personale, ma politica. Entrambi cercano di tutelare l’interesse nazionale del proprio Paese. Sui migranti sono distanti, sull’energia o sul patto di stabilità siamo più vicini alla Francia che alla Germania, perché il debito pubblico italiano e francese è più grande. Sui migranti invece le nostre posizioni sono più vicine a quelle degli altri Paesi di primo ingresso. È politica, si tratta di tutelare gli interessi nazionali italiani, non è un litigio tra compagni di scuola. L’amicizia non c’entra».

Lei è responsabile Ambiente ed Energia di FdI. Proprio l’energia rappresenta un’emergenza non più rinviabile. Come se ne esce?
«È una questione epocale che l’Europa avrebbe dovuto affrontare anni fa. L’Ue invece si è persa davanti a una situazione drammatica e disastrosa. L’Unione dovrebbe far meno cose e occuparsi di quelle davvero importanti, lo sosteniamo da anni. Sei mesi fa si dovevano compiere scelte coraggiose, come il presso al tetto del gaso. Ora ci sarà un nuovo Consiglio europeo che finirà con l’ennesimo rinvio per la contrarietà di Germania, Olanda e altri Paesi. E l’Italia procederà al disaccoppiamento del prezzo dell’energia a livello nazionale, ma avremo meno forza. Il nostro Paese dovrà investire nella produzione energetica, perché senza energia dipendiamo politicamente dagli altri».
Il nucleare di ultima generazione è una soluzione?
«Fare oggi centrali nucleari è un’utopia. Dobbiamo investire nella ricerca, nelle trivellazioni, nei rigassificatori. La «sindrome ninby» è inevitabile, ma va superata come ha fatto il governo Berlusconi sulle antenne telefoniche. Senza oggi saremmo l’unico Paese a non usare i cellulari. Dobbiamo realizzare le infrastrutture energetiche che devono essere considerate come strategiche».
 

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