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Povero Bonafede, spunta il codicillo che gli impedisce di candidarsi al Csm

Con le nuove procedure necessari "quindici anni di servizio effettivo" da avvocato. E lui paga il periodo di sospensione quando era al governo

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Alfonso Bonafede dovrà accantonare il sogno di sedersi nel Consiglio Superiore della Magistratura. E tutto questo per un "codicillo" voluto dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana. Che di Bonafede fu anche collega in Consiglio dei ministri all'epoca del Conte I.

A svelare il gustoso retroscena è l'edizione online del Fatto Quotidiano, il cui racconto parte dallo scorso 28 ottobre, "quando il presidente della Camera convoca per il 13 dicembre il Parlamento in seduta comune (all’esordio nella nuova legislatura) per l’elezione dei dieci membri del Csm riservati alla politica".

Rispetto al passato, però, è subentrata la riforma Cartabia. Che impone che le candidature siano presentate attraverso procedure trasparenti nel rispetto della parità di genere. Il ché ha dato il "la" a Fontana di presentare alla Conferenza dei capigruppo proprio il testo per le nuove procedure. Che, tra le altre cose, inseriscono tra i requisiti per la candidatura anche l'aver svolto - da prof universitari in materie giuridiche o da avvocati, "quindici anni di servizio effettivo".

Ed è qui che casca l'asino. Perché Bonafede, iscritto all'ordine degli avvocati dal 2006, quindi da 16 anni, è stato sospeso per i due anni e mezzo in cui ha svolto l'incarico di ministro della Giustizia. Con il vecchio regolamento, che parlava solamente di 15 anni, non avrebbe avuto ostacoli. Ora che i quindici anni sono diventati "effettivi", invece, non ha più le carte in regola per sedersi a Palazzo dei Marescialli.

A questo punto probabilmente i Cinquestelle sceglieranno un altro candidato per il rappresentante in loro quota al Csm. E quel che resta è il paradosso di un avvocato che ha fatto addirittura il ministro della Giustizia. Ma non è abbastanza titolato per sedere in Csm.

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