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La sinistra fa la doppia morale, veleni ipocriti sul ministro Guido Crosetto

Carlantonio Solimene
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La questione Guido Crosetto, dunque. Riassumibile così: può una persona che fino all’altro ieri, in virtù delle sue attività private, ha incassato da Leonardo e Orizzonte Sistemi Navali svariate centinaia di migliaia di euro, diventare ministro della Difesa, e cioè trattare con quelle stesse aziende? Un dubbio legittimo, per carità. Talmente legittimo che se lo sono posti persino Giorgia Meloni e Sergio Mattarella, al momento di comporre la lista dei ministri. Rispondendosi che sì, può. Perché la legge lo consente e perché lo stesso Crosetto ha annunciato la dismissione di tutte le sue attività economiche, persino quelle che non c’entravano nulla con la Difesa. Ad esempio la gestione di una serie di Bed & Breakfast.

La vicenda, insomma, poteva chiudersi lì. Ma era troppo ghiotta per la sinistra. Che, con il leader dei Verdi Angelo Bonelli, ha annunciato un emendamento al Dl Aiuti Ter per modificare la Legge Frattini sul conflitto di interessi e «rendere inconferibile l’incarico di ministro a chi abbia ricoperto ruoli o ricevuto consulenze in società pubbliche o private negli ultimi 5 anni prima del conferimento del ruolo di ministro».

 

 

 

Un’iniziativa definita «scandalosa» dal capogruppo di FdI al Senato Tommaso Foti, perchè «si utilizza il mandato parlamentare per impedire a un Ministro in carica, che ha sempre agito nel rispetto delle leggi, di poter proseguire l’esercizio delle sue funzioni e prerogative costituzionalmente previste». Ma, al di là del giudizio di Foti, l’emendamento proposto da Bonelli presenta diverse altre criticità. Anche perché, preso alla lettera, taglierebbe fuori dal governo praticamente il 90% dei ministri di qualsiasi esecutivo da trent’anni a questa parte. Probabilmente si riferisce solo ai ministeri il cui ambito è in qualche modo collegato all’attività precedentemente svolta. Ma, anche con questa limitazione, il problema resterebbe. Gli esempi, anche recenti, sono innumerevoli: davvero Vittorio Colao non avrebbe dovuto occuparsi di transizione digitale per il suo lungo cursus honorum nelle aziende di quell’ambito? E Roberto Cingolani, che nel 2021 era responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo, poteva trattare di transizione ecologica, vista la correlazione tra i due campi?

Che poi il passaggio dalle aziende al governo è di sicuro un tema delicato. Ma assai di più dovrebbe esserlo il percorso inverso. Il passaggio, cioè, da ruoli di potere a prestigiosi, e ben remunerati, incarichi economici. Da questo punto di vista la sinistra potrebbe tenere un seminario. Si pensi all’ex ministro dell'Interno Marco Minniti, uscito dal Parlamento per presiedere la Fondazione «Med-Or» di Leonardo. O l’addio alla Camera dell’ex ministro Pier Carlo Padoan per accomodarsi alla guida di Unicredit. O ancora la decisione di Lapo Pistelli di lasciare l’incarico di viceministro degli Esteri nel governo Renzi per diventare vicepresidente senior di Eni. Allora nessuno parlò di conflitti di interesse, nessuno propose modifiche alla Legge Frattini. Evidentemente quelle porte girevoli giravano nel verso giusto. A sinistra.
 

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