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Pd e M5S ai ferri corti, Nicola Zingaretti e Giuseppe Conte separati anche nel Lazio

Susanna Novelli
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Difficile dire se quello di ieri sia stato il giorno dell’addio definitivo al «campo largo» nella Regione Lazio. Certamente il «Modello» che da oltre due anni vede Pd, Movimento 5 Stelle, Azione e Sinistra governare al fianco di Nicola Zingaretti ha subito uno scossone tale da comprometterne la sopravvivenza. A dare un segnale forte e chiaro il vicepresidente della Regione e candidato dem, Daniele Leodori, che in un lungo post su Facebook avverte: «Senza il campo largo ritiro la mia candidatura». E ancora ammette: «In questo momento il progetto del campo largo mi sembra più fragile e ne prendo atto. Non sta a me giudicare le scelte degli altri partiti ma è chiaro che la mia disponibilità fosse legata fortemente alla possibilità di proseguire questa esperienza».

Saranno stati forse i sondaggi diffusi la sera prima, secondo i quali i Cinquestelle potrebbero superare i dem qualora scegliessero la corsa in solitaria. E la corsa l’hanno cominciata proprio ieri con l’assessore regionale grillino alla Transizione ecologica, Roberta Lombardi, che ha colpito duro sul punto - probabilmente l’unico - pure inderogabile per il Pd: la marcia indietro sul termovalorizzatore della Capitale. Chiamando in causa i due consiglieri capitolini di FdI, Andrea De Priamo e Lavinia Mennuni, eletti in Parlamento e firmatari di una mozione in Aula Giulio Cesare di fatto contraria al termovalorizzatore, la Lombardi ha chiesto al governo Meloni di prendere le distanze dal progetto di Gualtieri. Una «mossa» che ha innervosito non poco i dem alla Pisana, anche perché - ragionano alcuni - il governo Draghi ha conferito al sindaco capitolino i poteri speciali e le deleghe che erano proprie della Regione che, di fatto, è chiamata fuori dall’inceneritore romano.

«Il Pd può prendere due strade - spiega ancora la Lombardi - a favore dell’inceneritore una volta per tutte, e smettere di fare l’ecologista a macchia di leopardo, votando una cosa in Regione Lazio e l’altra al Comune di Roma e al nazionale, oppure il Pd vota contro l’inceneritore e siamo tutti contenti perché finalmente avranno affermato con forza un principio importante, veramente rispettoso dell’ambiente e proiettato nel futuro, terreno di collaborazione per un progetto progressista vero». Ancora più incisiva la deputata grillina, Alessandra Todde che alla domanda se il partito di Grillo andrà solo alle regionali del Lazio ha risposto: «Con l’attuale dirigenza dem ad oggi non ci sono le condizioni per un dialogo». Laconico anche il leader, Giuseppe Conte: «Stiamo affinando al nostro interno quella che è la prospettiva regionale, consapevoli del fatto che c’è un’esperienza in uscita di governo che si è rivelata positiva ma è anche vero che il contesto attuale è completamente cambiato... Non possiamo non tener conto di tutte le vicende che si sono succedute negli ultimi mesi».

Per il Pd la proposta di dire addio al termovalorizzatore è irricevibile: significherebbe affossare l’unica - e l’ultima - roccaforte di governo, quello di Roma Capitale. Ma del resto andare soli al voto laziale significherebbe una perdita «a tavolino». Per questo i contatti tra i partiti continuano ma di tempo oramai ne è rimasto davvero poco. Il «collegato al Bilancio» voluto da Zingaretti per le sue dimissioni andrà al voto alla Pisana giovedì prossimo, il 3 novembre. Il giorno dopo il governatore potrebbe dare l’addio definitivo alla guida decennale del Lazio che dovrebbe essere "coronato" da un evento in centro storico. Questo significa che le urne per gli elettori laziali si potrebbero aprire la prima domenica di febbraio, il 5. Metà, fine novembre, dunque per l’annuncio di candidati e alleanze in campo.
 

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