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Governo Meloni, priorità a crisi e bollette. La trattativa sui ministri in stand by

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Le trattative sulla squadra di governo possono aspettare. Per Giorgia Meloni "non c'è da dire niente su questa materia". "Mi sto occupando delle bollette. Quella è la mia priorità adesso, il tema energetico", ribadisce la presidente di FdI lasciando la Camera dopo l'ennesima giornata trascorsa negli uffici del gruppo ad approfondire il dossier più urgente che sarà sul tavolo del prossimo governo. L'attenzione sulla materia è massima, e lo testimoniano anche i contatti avuti con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, impegnato a Bruxelles, e con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Per Meloni, d'altronde, il tema resta di "vitale importanza per l'Italia", ecco perché la premier in pectore continua ad auspicare "compattezza di tutte le forze politiche".

Dopo una settimana trascorsa nella Capitale a lavorare, però, per Meloni è arrivato anche il momento della prima uscita pubblica post-elezioni. Domani alle 12 sarà a Milano per un saluto al villaggio della Coldiretti organizzato al Castello Sforzesco. E non è escluso che nell'agenda della trasferta possa alla fine trovare spazio un faccia a faccia a Villa San Martino con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che proprio oggi ad Arcore ha ricevuto la visita del segretario leghista Matteo Salvini. "Non so se si vedranno, e anche se lo sapessi non ve lo direi", si limita a rispondere ai cronisti Ignazio La Russa lasciando Montecitorio, dove nel corso della giornata si vedono anche i capigruppo di Camera e Senato, Francesco Lollobrigida e Luca Ciriani, e il responsabile del programma Giovanbattista Fazzolari (indicato da molti come prossimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio).

La Russa, poi, esclude che Meloni a Milano possa anticipare qualcosa sulla futura composizione dell'esecutivo: "Credo che domani non parlerà di squadra". Anche perché la linea ufficiale che filtra dalla coalizione resta la stessa, e cioè che al momento il discorso non è entrato nel vivo.

"Non stiamo ancora discutendo di ruoli e di nomi", conferma Salvini dal palco del Villaggio Coldiretti a Milano, ironizzando sul toto-ministri: "Io a stamattina ero incaricato di averne nove diversi". Tornando serio assicura che "faremo assolutamente veloce e con gli alleati troveremo la quadra in un quarto d'ora". Concetto rilanciato via social: "Sento o vedo tutti i giorni gli amici Giorgia e Silvio: il clima è ottimo, abbiamo la determinazione necessaria per affrontare le emergenze del Paese a partire dal caro bollette. In tempi velocissimi nascerà un esecutivo all'altezza delle aspettative degli elettori che porterà anni di buon governo. La Lega ha le idee chiare su cosa fare e sulla futura squadra, donne e uomini che daranno il massimo".

Nel mirino del Capitano leghista c'è sempre il Viminale, anche se il coordinatore nazionale di FI, Antonio Tajani (accostato anche lui agli Interni oltre che agli Esteri), ricorda che "per quanto ci riguarda Salvini può fare quello che preferisce, poi deciderà il futuro presidente del Consiglio". Il confronto tra alleati intanto va avanti, come testimonia il colloquio tra Berlusconi e Salvini con al centro, informa una nota congiunta di FI e Lega, "il fitto calendario di appuntamenti istituzionali previsto per le prossime settimane e le priorità che dovranno essere affrontate dal futuro governo". Su questo tema, si evidenzia, "è stata ribadita la massima comunità d'intenti con Giorgia Meloni: è necessario dare presto all'Italia un esecutivo compatto, di alto livello, capace di affrontare sfide complicate a partire proprio dall'emergenza originata dai prezzi record dell'energia".

Fare bene, fare presto, anche perché il 13 ottobre, data fissata per la prima riunione delle nuove Camere, si avvicina inesorabilmente (e per lunedì 10 Meloni ha convocato l'assemblea dei nuovi parlamentari di Fdi). Il primo nodo da sciogliere è quello delle presidenze di Camera e Senato. A via della Scrofa per palazzo Madama, dove la maggioranza del centrodestra è ampia (112 senatori su 200) ma non troppo, si pensa a Ignazio La Russa, mentre Montecitorio potrebbe finire alla Lega (e qui il nome che circola è quello di Giancarlo Giorgetti, che potrebbe però tornare anche al governo dopo l'esperienza al Mise). Molto però è legato alla partita dei ministeri, visto che La Russa è accostato anche alla Difesa (assieme a Guido Crosetto, mentre il presidente uscente del Copasir, Adolfo Urso, potrebbe avere la delega ai servizi segreti). Per l'Interno, che Salvini reclama per sé, c'è la pista che porta al prefetto Matteo Piantedosi. Per la Giustizia restano in partita il magistrato Carlo Nordio e la leghista Giulia Bongiorno, che però potrebbe andare alla Pubblica amministrazione, mentre l'accademico Luca Ricolfi ha escluso un coinvolgimento nell'esecutivo (era stato accostato a Lavoro e Istruzione). Al Mef restano alte le quotazioni dell'ex ministro Domenico Siniscalco (sempre che Meloni non riesca a convincere Fabio Panetta); stesso discorso per Elisabetta Belloni agli Esteri, uno dei dicasteri più delicati anche alla luce dello scenario geopolitico reso ancor più complesso dall'annessione da parte della Russia delle quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Kherson, Zaporizhzhia. Mossa duramente criticata da Meloni, secondo la quale l'annessione dichiarata "dopo i referendum farsa svoltisi sotto violenta occupazione militare non ha alcun valore giuridico o politico".

Per la leader dei conservatori Putin "dimostra ancora una volta la sua visione neo imperialista di stampo sovietico che minaccia la sicurezza dell'intero continente europeo. Questa ulteriore violazione delle regole di convivenza tra Nazioni da parte della Russia conferma la necessità di compattezza e unità delle democrazie occidentali".

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