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Mascherine fantasma, Corte dei Conti: "da Zingaretti ingerenze e acquisti incauti"

Daniele Di Mario
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La «responsabilità» del danno erariale da 11,7 milioni di euro «patito dalla Regione Lazio» e derivante dall'«incauto affidamento della fornitura di mascherine alla società Ecotech Srl» è direttamente ascrivibile al governatore Nicola Zingaretti, candidato alla Camera dei deputati come capolista del Partito democratico nel primo collegio plurinominale di Roma. Lo scrive il viceprocuratore generale della Corte dei conti Alfio Vecchio nell'invito a dedurre inviato allo stesso Zingaretti e al responsabile della Protezione civile regionale Carmelo Tulumello. Secondo la procura regionale della Corte dei conti, infatti, «Zingaretti era solito ingerirsi negli acquisti di mascherine» e «diversi episodi testimoniano» come il presidente della Regione «si occupasse direttamente di intessere rapporti per l'acquisizione di mascherine.

Il viceprocuratore Vecchio cita l'episodio della sorella di Zingaretti, Angela, che aveva indicato a un imprenditore il contatto della segretaria di Tulumello. «La sorella di Zingaretti - si scrive nell'invito a dedurre - pur non essendo dipendente della Regione Lazio e priva di qualsiasi ruolo ufficiale, svolgeva un ruolo attivo di canalizzazione di possibili fornitori di mascherine, facendo così intendere un coinvolgimento talmente diretto del Presidente della Regione nella gestione delle forniture di mascherine da arrivare a ricomprendere anche i suoi familiari». Non solo. La procura contabile cita anche un altro episodio. Una e-mail del 20 marzo 2020 inviata dal presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici con allegati contratti di fornitura di mascherine. L'e-mail comincia così: «Come da richiesta di Nicola Zingaretti, mi sono attivato per far fronte alle richieste di aiuto della Regione Lazio».
Per il viceprocuratore generale, il governatore «ha effettuato diverse ingerenze nel procacciamento di mascherine» e «ha svolto un ruolo causalmente efficiente nella produzione del danno conseguente alla gestione della situazione verificatasi con l'inadempimento di Ecotech, assumendo la posizione pubblica di rifiuto di recupero dell'anticipo» versato dalla Regione.Per capirlo è necessario fare un passo indietro. La Regione Lazio tra il 16 e il 20 marzo 2020 acquista 9,5 milioni di mascherine dalla Ecotech Srl (società con capitale sociale di 10mila euro e che ha per ragione sociale «il commercio di prodotti non alimentari, la produzione e il commercio all'ingrosso e al minuto di materiale elettrico vario, articoli per l'illuminazione) per complessivi 35,8 milioni di euro versando come anticipo la metà dell'importo, 14,68 milioni. Acquisti effettuati senza gara e senza confronto con altri operatori economici.

«L'incauto affidamento - ricorda la procura contabile è avvenuto sotto la copertura del decreto legge 14/2020 emanato per fronteggiare la pandemia che limitava la responsabilità amministrativa e contabile ai soli casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell'agente che li ha posti in essere o che vi ha dato esecuzione». È pochi giorno dopo l'entrata in vigore del decreto che la Regione procede all'acquisto. Ma a occuparsi della fornitura non è la direzione Regionale Centrale Acquisti, ma la gestione dell'emergenza viene affidata per previsione di Zingaretti dall'Agenzia Regionale di Protezione Civile e la Direzione Regionale Salute. Ed è proprio la Protezione Civile a procedere alle tre determine per l'affidamento della fornitura di mascherine.
Ecotech doveva consegnare la merce in tempi strettissimi, secondo il viceprocuratore «non compatibili con il tempo effettivo di sdoganamento della merce in base a quanto dichiarato da altri imprenditori alla Guardia di Finanza». Le forniture non arrivano e il 27 marzo la Protezione Civile invia all'azienda una diffida ad adempiere, minacciando in caso di inadempimento la risoluzione del contratto e il recupero dell'acconto versato. Nel frattempo cambia il quadro normativo di riferimento: il decreto legge 14/2020 non viene convertito e lo «scudo» viene abrogato dall'articolo 1 comma 2 della legge 27/2020. Il giorno successivo la Protezione Civile del Lazio procede all'immediata risoluzione di tutti gli affidamenti, ottenendo la restituzione di soli 1,7 milioni e la consegna di due milioni di mascherine. Nel frattempo il caso divampa su giornali e tv e arriva in Consiglio regionale, dove il centrodestra chiede chiarimento. E qui c'è un nuovo colpo di scena. Nonostante - scrive la procura della Corte dei conti - l'inaffidabilità» dell'azienda «era già facilmente presumibile anche solo analizzando la struttura societaria» e nonostante la stessa Protezione Civile nella diffida ad adempiere parli di «inaffidabilità» e «spregio delle più elementari regole di diligenza», Zingaretti in persona interviene per difendere l'operato della Regione con due comunicati stampa dell'8 e dell'11 aprile 2020, minacciando denunce contro i giornali (anziché contro l'azienda inadempiente) che parlavano di truffa, bollando e diramando le inchieste giornalistiche come «bufala». Zingaretti ricordava le «rassicurazioni dell'azienda» e la «polizza assicurativa sulla caparra». In seguito a tali dichiarazioni, la Protezione Civile provvedeva alla novazione («illecita» per la procura contabile) dei contratti do fornitura annullati. La presa di posizione di Zingaretti viene definita «sorprendente». «Invece di denunciare - scrive la procura della Corte dei conti nell'invito a dedurre- quanto accaduto e attivarsi per il recupero con una tempestiva azione cautelare, l'amministrazione regionale si assumeva la responsabilità di intavolare una illogica e infruttuosa interlocuzione» con l'azienda «sulla base di elementi improbabili e falsi». Secondo il viceprocuratore, se la Regione si fosse attivata subito avrebbe potuto recuperare le somme anticipate, prima che milioni di euro svanissero in una serie di bonifici verso l'estero, puntualmente annotati (insieme con i movimenti bancari in entrata e in uscita e le spese verso i subfornitori) nell'invito a dedurre. La denuncia penale di Tulumello arriva solo il 27 aprile 2020, una circostanza che per il viceprocuratore evidenzia una tardiva e incompleta azione giudiziaria per il recupero delle «somme sottratte alla loro destinazione di acquisto di materiale sanitario».

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