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Mario Draghi vola a New York per rassicurare gli Usa: Italia forte e pronta

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È il viaggio più lungo da quanto è alla guida di Palazzo Chigi. Quattro giornate piene e dense di appuntamenti, a cominciare dall’Assemblea generale della Nazioni Unite, il piatto forte della nuova trasferta statunitense che segue la visita al presidente Joe Biden del maggio scorso. Mario Draghi partirà lunedì prossimo per New York e farà rientro in Italia solo venerdì mattina. Un viaggio che arriva nelle giornate che segneranno le ultime battute di una campagna elettorale di fuoco, dove non sono mancati fendenti e dove, dopo la conferenza stampa di ieri, anche il presidente del Consiglio ha finito per dire la sua. O quanto meno lasciarla intendere, picchiando duro sui sovranisti, non sottraendosi al fuoco di fila delle domande dei giornalisti e ribadendo da che parte l’Italia deve stare, indipendentemente dal colore politico del governo che verrà. 

 

 

E sarà senz’altro questo uno degli obiettivi di Draghi negli States. Rassicurare gli alleati, consegnare l’immagine di un’Italia forte e pronta a onorare gli impegni assunti, leggi Next Generation Eu. Puntellando la collocazione euro-atlantica, come ha fatto ieri quando, a chi gli chiedeva dello strappo di Meloni e Salvini in Europa sull’Ungheria di Orban, ha risposto con forza che nello scegliere gli alleati bisognerebbe pensare innanzitutto agli interessi degli italiani. Parole incassate con stizza nel quartier generale di Fratelli d’Italia, tanto più in via Bellerio, dove il leader è stato ‘bacchettato’ anche sulle sanzioni alla Russia, con una stoccata destinata a colpire chi ‘flirta’ con Mosca: «lo sappiamo, c’è quello che ama i russi alla follia, vuole togliere le sanzioni e parla tutti i giorni di nascosto con loro...». Non serve certo la palla di vetro per capire a chi Draghi si riferisse, pur non citando mai per nome il leader della Lega. «Nei rapporti internazionali c’è da essere trasparenti, ci vuole coerenza, non capovolgimenti e giravolte», è l’avvertimento del capo del governo. Che anche sulle ipotesi di aggiornamento del Pnrr, taglia corto: «C’è poco da cambiare». 

 

 

Nelle giornate newyorkesi, Draghi - per gli americani ’the unitalian’ proprio per quel sembrare, quanto meno ai loro occhi, così poco italiano - porterà la visione del governo che ha guidato, saldamente collocato al fianco degli Usa e della Nato, con una posizione ferma e netta sulla guerra in Ucraina: condanna dell’aggressore, sostegno a Kiev senza se e senza ma, solidarietà al popolo ucraino che passa anche attraverso l’invio di armi, nonostante il terremoto interno che ne è conseguito a Roma e che Draghi ha dovuto fronteggiare. Qualsiasi sarà il risultato che si delineerà nella notte tra il 25 e il 26 settembre, Draghi a New York ribadirà che l’Italia è un Paese forte e solido, e che è giusto fidarsi degli italiani. «L’Italia ce la farà con qualsiasi governo», aveva detto nel famoso discorso del Meeting di Rimini, che ieri sembra quasi aver sconfessato per via delle stilettate ai sovranisti. Ma al netto delle stoccate di ieri, è facile immaginare che il presidente del Consiglio porterà agli alleati la visione di un Paese affidabile e di cui è giusto continuare a fidarsi. Perché gli interessi degli italiani vengono prima, anche delle fibrillazioni, delle battaglie e degli sgambetti della politica.

 

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