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Psicodramma Pd, addio campo largo: Enrico Letta si ritrova isolato e ora fa la corte a Matteo Renzi

Tommaso Carta
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Per Enrico Letta i «responsabili» di quello che al Nazareno chiamano «il Draghicidio» sono stati chiari sin da subito. Quando il segretario condivide la sua analisi di fronte a deputati e senatori dem, nella sala del Mappamondo della Camera scatta un applauso quasi liberatorio. «Le responsabilità di chi non ha votato la fiducia sono di tutti i partiti. Non faccio classifiche di responsabilità» dice il leader facendo riferimento, pur non nominandolo mai, al M5S. «Decideremo collegialmente, come abbiamo sempre fatto, la conformazione della nostra offerta politica, il programma e i compagni di strada. È evidente che il voto di ieri impatta molto», ammette.

 

A sera il tono del segretario si fa più grave: «Evidentemente la differenza che si è creata in modo così evidente in questi giorni con il M5S lascia un segno e dico che difficilmente sarà ricomposta». E i toni al Nazareno sono durissimi: «la frattura per noi ormai è ineluttabile».  Il campo largo, insomma, è praticamente archiviato. Enrico Borghi, componente della segreteria, e Alessandro Alfieri, portavoce di Base riformista, parlano all’unisono di voto «in mare aperto». Lorenzo Guerini apprezza la linea scelta dal segretario. «Si è fatto cadere il governo guidato da una personalità, come il presidente Draghi, riconosciuta in tutto il mondo per credibilità e autorevolezza. Non si è fatto l’interesse dell’Italia e degli italiani. E i responsabili di questa scelta grave sono chiari», dice facendo eco alle sue parole. E anche sul campo largo la rotta è segnata:  «Il voto di ieri è stato un totale cambio di paradigma che non può non avere un impatto».

 

I dem rivendicano di essere stati gli unici ad aver sostenuto Draghi fino alla fine ed aver provato a portare a casa un epilogo diverso. Al Nazareno smentiscono ogni possibile sostegno alla trattativa che è andata in scena ieri a palazzo Madama per un «Draghi bis», trattativa condotta anche da Matteo Renzi e Giancarlo Giorgetti e che avrebbe potuto portare al ritiro della risoluzione di Pier Ferdinando Casini e al voto della mozione del Carroccio. Nei contatti con palazzo Chigi l’accordo non si è trovato e per i dirigenti Pd «in realtà era proprio Salvini che non lo voleva per non restare intrappolato nella camicia di forza del Governo con Meloni all’opposizione». 

Letta e i suoi registrano piuttosto la «profonda delusione» per «l’incapacità» di contrastare il precipitare degli eventi da parte di chi, negli ultimi tempi, «si era attribuito patenti di "moderatismo": da Giorgetti a Zaia e Fontana nella Lega, e soprattutto dentro FI». «Penso agli elettori di FI e Lega, penso che guardino ai partiti che li hanno traditi perché hanno fatto una scelta di calcolo» dice Letta che poi azzarda un pronostico: «Ho visto occhi di chi crede di avere la preda tra i denti. Quegli occhi lì sono quelli di chi perderà le elezioni». Il segretario, invece, torna a chiedere ai suoi di fare squadra e di tirare fuori «gli occhi di tigre». «È nei nostri occhi che gli elettori devono vedere la volontà di vincere gli elettori. Comincia una straordinaria avventura per raccontare una differenza: noi non siamo come gli altri».

 

Anche il «mare aperto», però, dovrà avere un perimetro perché questo stabiliscono le regole del gioco e, segnatamente, liste e collegi del Rosatellum. Gli organi dem si riuniranno a partire da martedì per decidere la rotta, anche se c’è già chi ipotizza che a far parte dello schieramento - a sfidare il centrodestra da un lato e il M5S «barricadero» dall’altro - potrebbe essere chi sin qui ha sostenuto Draghi: Azione e Ipf, ma anche Iv. In realtà Renzi e Calenda alzano subito la posta: «Il Pd rinunci alle primarie con il M5S in Sicilia domenica», la richiesta. Subito rispedita al mittente dai Dem. Tra i quali, peraltro, esiste ancora una corrente - da Orlando a Provenzano a Boccia - che invita a non tagliare i fili con il Movimento 5 stelle. Insomma, il rischio che sulle alleanzi elettorali si continui un pesantissimo scontro interno non può essere escluso.

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