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Mario Draghi avvisa Giuseppe Conte e Matteo Salvini: “Non si lavora con gli ultimatum. Senza M5S niente governo”

Daniele Di Mario
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Il governo va avanti se riesce a fare le cose e con gli ultimatum non si lavora. E se Giuseppe Conte dovesse decidere di non votare domani la fiducia al Dl Aiuti, sarà il Capo dello Stato Sergio Mattarella a decidere cosa fare. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, nel pieno della crisi con il M5S, incontra i giornalisti dopo il vertice di ieri mattina coni sindacati e annuncia un corposo provvedimento su lavoro, difesa del potere d'acquisto di famiglie, pensionati e lavoratori e ribadisce la necessità di un nuovo patto sociale per contenere l'inflazione. Ma, soprattutto, il premier fa il punto sulla situazione politica, spiegando chiaramente che se non riuscirà a lavorare l'esperienza dell'esecutivo per lui può definirsi chiusa. Un «avvertimento» non solo a Conte, ma anche a Salvini, anche se il segretario leghista ribadisce lealtà al premier. «Il governo con gli ultimatum non lavora, a quel punto perde il suo senso di esistere - dice Draghi - Se si ha la sensazione che è una sofferenza straordinaria stare in questo governo, che si ha fatica, bisogna essere chiari. Lo dico anche per tanti altri che a settembre minacciano sfracelli e cose terribili», dice il premier. E alla domanda dei giornalisti se si riferisse proprio alla posizione della Lega, Draghi spiega: di aver fatto un «esempio, poi lei ci metta il nome che vuole sull'esempio». «Noi siamo gente serena, leale. Non mandiamo le letterine di Babbo Natale. Gli strappi li lascio ad altri. Chiediamo l'azzeramento della Fornero e il taglio delle tasse, non sono richieste della Lega, ma del Paese. Non commento le parole di Draghi, noi stiamo lavorando e sono contento del lavoro che facciamo», la replica di Salvini.

 

 

In ogni caso, il premier ribadisce la posizione già espressa la settimana scorsa: non c'è un'alternativa a questa maggioranza. «Ho già detto che perme non c'è un governo senza M5S né c'è un altro governo Draghi - ripete - Questa situazione di fibrillazione il governo la sta gestendo abbastanza bene, oggi riesce a lavorare. Se il governo non riuscisse a lavorare allora perderebbe il suo senso». Nel caso in cui giovedì il M5S dovesse decidere di non votare la fiducia sul Dl Aiuti- spiega Draghi - sarà Mattarella a decidere se rinviarlo alle Camere una verifica. Quanto all'eventualità di uno scioglimento anticipato del Parlamento e di elezioni in autunno il premier taglia corto: «Non commento scenari ipotetici». Ai pentastellati Draghi concede comunque un'ampia apertura e spiega che nel documento di nove priorità consegnato da Conte la settimana scorsa, ci sono «molti punti di convergenza con l'agenda di governo». La prova è l'attenzione ai redditi più bassi e al salario minimo, una delle richieste del M5S: «È stata approvata in Europa la direttiva sul salario minimo, il governo intende muoversi in questa direzione», dice Draghi. Inoltre, «è necessario mettere in campo misure strutturali per incrementare i salari netti», il governo punta a «ridurre il carico fiscale a partire dai redditi più bassi, vogliamo intervenire in maniera decisa all'interno degli spazi della finanza pubblica». L'unico stop, al momento, riguarda lo scostamento di bilancio: almeno per adesso le misure allo studio non saranno finanziate in extra-deficit, «uno scostamento di bilancio per ora non è previsto», dice Draghi.

 

 

Salvini però è di opinione diversa: «Io la penso all'esatto contrario. O si mettono 50 miliardi veri nelle tasche degli italiani o sarà difficile affrontare l'autunno» Sull'inflazione, Draghi non fornisce cifre, ma spiega la road map del governo. Entro fine luglio il Cdm approverà un provvedimento per tutelare il potere d'acquisto delle famiglie, intervenendo anche su bollette energetiche e accise. Nella legge di Bilancio, invece, ci saranno interventi strutturali per ridurre il cuneo fiscale, diminuire il costo del lavoro e aumentare i salari, venendo incontro a imprese e dipendenti. Il salario minimo verrà attuato applicando ai 2,5 milioni di lavoratori non tutelati da alcun contratto collettivo i minimi del Ccnl più diffuso. E su questo il leader leghista è d'accordo. «Se non riguarda i contratti nazionali-dice Salvini-è assolutamente sacrosanto, altrimenti no, perché fortunatamente prevedono una soglia superiore al salario minimo».

 

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