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M5S, Francesco Silvestri avvisa: “No alle minacce elettorali del Pd. Giuseppe Conte è l'unico a non temere Mario Draghi”

Gaetano Mineo
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Non solo respinge al mittente le minacce dei Dem pronti a rompere l'alleanza qualora i 5 Stelle staccassero la spina al governo Draghi, ma il deputato pentastellato, componente, tra l'altro, della segreteria del M5s, Francesco Silvestri, rilancia avvertendo il Pd che il Movimento non è «interessato a campi larghi basati su tutto e il contrario di tutto». Poi l'affondo a tutti i capi di partito: «Conte è l'unico tra i leader a non temere Draghi. Tutti lo temono come Fantozzi temeva il megadirettore galattico».

Onorevole Silvestri, ve l'aspettavate nei metodi e nei tempi questa scissione?
«Nei metodi no. È un qualcosa di costruito e che nasce nella giornata in cui Sergio Mattarella viene proclamato presidente della Repubblica. Non ci aspettavamo, tra l'altro, che la scissione si consumasse con questi attacchi di Luigi (Di Maio, ndr) che così rischia di diventare la matrioska di Calenda. Tuttavia, a noi ciò fa gioco perché Luigi non capisce che questo suo comportamento sta rafforzando Conte». Di Maio a settembre farà una convention «per aggregare».

 

 

Non pensa che il M5s subirà altre "emorragie"?
«Non lo so. D'altronde, mancano pochi mesi alle Politiche e le fuoriuscite parlamentari contano fino a un certo punto. La vera questione è la proposta politica. Da Conte sento visioni su salario minimo, guerra in Ucraina, su riarmo... dall'altra parte, invece, sento soltanto attacchi contro Conte».

A proposito di Calenda. In queste ore ha sferrato un ulteriore attacco contro il leader del M5s, sostenendo di «fare una sceneggiata».
«Sta testimoniando quello che sto dicendo, appunto. Quelle di Calenda sono le stesse parole di Di Maio. Per loro chi non si allinea ai diktat governativi fa sceneggiate».

Il Dem Franceschini intanto minaccia: se M5s esce dal governo finisce l'alleanza.
«Le coalizioni si fondano su pari dignità e su visioni comuni sui grandi temi del Paese e non su minacce basate su calcoli di convenienza elettorale. Quindi, la coalizione progressista non può basarsi su risultanze di minacce su un atteggiamento di questi mesi del M5s, legittimo, fra l'altro, rispetto a quello che c'è stato fatto. Una coalizione che si fonda sulle minacce perderà sicuramente e, quindi, non ha senso di esistere. I cittadini capiscono le proposte politiche e non le ammucchiate basate su minacce».

 

 

A cosa servirà il direttivo odierno a poche ore dall'incontro Draghi-Conte?
«Servirà a rafforzare il messaggio che Conte andrà a portare al premier. In pratica, Draghi deve sapere che dietro le richieste di Conte c'è tutto il Movimento e se non verrebbero prese in considerazione, i 5stelle saranno liberi di fare le loro scelte. E non c'è minaccia di Draghi o del Pd che tenga».

Cosa dirà Conte a Draghi?
«Il colloquio fondamentale del nostro presidente con il premier verterà sui prossimi otto mesi di legislatura e non certo sulla prossima settimana o semplicemente sul decreto Aiuti. Se ci sarà una nostra uscita dal governo ci sarà per delle scelte di ampio respiro e non per questioni contingenti. E questo dipenderà tantissimo da quanto il premier sarà disposto a cambiare atteggiamento su alcune nostre questioni. Perché un fatto è certo: il governo deve smetterla di andare in direzioni nettamente contrarie rispetto a quelle del M5s».

 

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