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Il grande bluff di Enrico Letta. Dallo ius scholae al campo largo colleziona solo figuracce

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Strepita, scalpita, alza il democratico vessillo. Enrico Letta, segretario Pd. Anch'egli calato in questi tempi moderni, dove la comunicazione è tutto, gioca la sua battaglia con le emozioni del suo elettorato, cercando di risvegliarlo dal torpore con mere suggestioni. E ci riesce pure, in parte. Peccato che, dietro la cortina fumogena, ci sia ben poco. C'ha provato nella scorsa tornata di elezioni amministrative. Senza nulla voler togliere al mezzo disastro del centrodestra su piazze importanti, che concretizza l'inceppamento dell'amalgama politico, non è che a sinistra le cose siano andate molto meglio, come testimonia uno schema di «Youtrend» di cui Il Tempo ha dato ampio resoconto: a vedere il consuntivo totale dei comuni sopra i 15mila abitanti, il blocco progressista soccombe al centrodestra. Eppure, Letta esulta, aggrappandosi al mantra del «Pd primo partito». Che è un po' come essere campioni d'inverno nel cacio, ossia niente di che, specie considerando che la coalizione è tutta da costruire. Stessa cosa per i provvedimenti.

 

Ora, Letta sullo ius scholae tuona: «non arretreremo di un millimetro», eppure l'esame del testo alla Camera è già stato rimandato alla prossima settimana, assieme a quello sulla coltivazione domestica della cannabis, su cui parimenti si è scatenata una guerra punica. Peraltro, è assai difficile che entrambi possano passare il guado del Senato (per la Cannabis siamo nel novero dell'impossibilità). Dunque si rischia il tanto rumore, e tanta ostinazione, per nulla. Così come fu per il ddl Zan sull'omotransfobia. Provvedimento che il Segretario qualificava come una sorta di spartiacque tra libertà e barbarie, e tuttavia affossato al Senato proprio per l'ostinazione al rifiuto di fare una sintesi con altre istanze non ideologicamente marcate. Ora, con la cannabis e soprattutto lo ius scholae (altro tema su cui il Pd sta dipingendo scenari apocalittici in caso di mancata approvazione) si rischia un po' la stessa cosa, la debacle dopo la fanfara.

 

A volte, però, la ghigliottina scatta prima, al mero annuncio di una misura. Accadde con l'ideona di aumentare la tassa di successione per patrimoni sopra una certa soglia per creare una «dote» a beneficio dei diciottenni. Draghi con un flash disse che non era il momento di alzare le tasse. Game over. E si va dunque a definire un palmares che segna un desolante «zero tituli», in questa ammuina continua, che magari scalderà il cuore di qualche elettore, ma terremota continuamente una maggioranza trasversale già fragile. Meno male che gli irresponsabili sono sempre gli altri. 

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