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Armi all'Ucraina, Mario Draghi all'esame del Senato. La maggioranza tratta ancora

Daniele Di Mario
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Il governo alla prova del voto sulla risoluzione di maggioranza sull'Ucraina. Il presidente del Consiglio Mario Draghi sarà oggi alle 15 in Senato per riferire al Parlamento in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles. Il premier ribadirà il convinto sostegno dell'Italia a Kiev e la collocazione internazionale atlantista ed europeista del nostro Paese. Ma le acque della maggioranza restano agitate e oggi si capirà se l'esecutivo uscirà indebolito o rafforzato dal passaggio parlamentare. Lo scontro è sulla risoluzione che sarà votata dopo le comunicazioni del premier. Un'intesa ancora non c'è. Ma secondo quanto riferito nel pomeriggio da fonti parlamentari del Pd e del M5S non ci sarà una mozione presentata dai pentastellati. La risoluzione di maggioranza, messa a punto dal sottosegretario agli Affari Europei Vincenzo Amendola, sarà l'unica risoluzione ad essere presentata dai partiti che sostengono il governo. Cinque ore di confronto non bastano per arrivare a un compromesso con il resto della maggioranza: il vertice di maggioranza che dovrà mettere a punto la risoluzione sull'Ucraina da votare dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi, è stata aggiornata a stamattina alle 8.30.

 

 

La linea sulla quale si attesta il M5S e rispetto alla quale i penta stellati non vogliono arretrare è chiara: prevedere il coinvolgimento del Parlamento in ogni eventuale decisione del governo in merito all'invio di aiuti militari all'Ucraina. Cinque ore di confronto non bastano per arrivare a un compromesso con il resto della maggioranza. La proposta del governo era quella di inserire nel testo della risoluzione l'impegno a continuare ad aggiornare puntualmente il Parlamento in occasione dei vertici internazionali, come i summit Nato e G7, e soprattutto nell'eventualità di nuovi invii di armi a Kiev. Aggiungendo a questo il riferimento normativo alla precedente risoluzione. Una proposta che non convince i 5 Stelle. E non solo loro. Anche la senatrice Loredana De Petris di Leu chiede che il governo riferisca ogni volta che intervengono delle novità riguardo alla linea sulla guerra. Quindi, non solo a cadenza trimestrale. Una posizione che riscuote il consenso grillino e che viene ufficializzata con un posto sul blog pentastellato dopo la riunione del Consiglio Nazionale, che auspica «un più pieno e costante coinvolgimento del Parlamento con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal Governo italiano nei più rilevanti consessi europei e internazionali, inclusa l'eventuale decisione di inviare a livello bilaterale nuove forniture militari, funzionale a rafforzare il mandato del Presidente del Consiglio in tali consessi».

 

 

La tensione all'interno delM5S resta altissima: il Consiglio nazionale sferra infatti un durissimo attacco al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, accusato di avere «offeso la nostra comunità». Per il Consiglio nazionale, le dichiarazioni di Di Maio «distorcono le chiare posizioni assunte in questa sede il 16-17 maggio (e prima ancora dello scorso 26 aprile), e oggi integralmente ribadita, sempre all'unanimità». Enrico Letta non nasconde la sua preoccupazione e chiede unità alle forze di maggioranza: «Io sono convinto che in questo momento sia assolutamente fondamentale che il governo sia sostenuto nel suo sforzo unitario per la pace - dice il segretario Dem - Bisogna fare tutto il possibile in questo momento perché prevalga l'unità e questo è lo sforzo che noi stiamo mettendo: l'unità, il sostegno al governo, lo sforzo per la pace, lo sforzo soprattutto perché gli ucraini sentano fino in fondo il sostegno e l'aiuto che noi dobbiamo dare loro». Polemico invece il leader della Lega, Matteo Salvini: «Sicuramente avere un ministro degli Esteri sconfessato dal suo partito, con una guerra in corso, non è il massimo della vita, perché lui rappresenta l'Italia. Lo scontro che va avanti ormai da tempo fra Conte e Di Maio non aiuta».

 

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