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Referendum sulla Giustizia, Guido Camera: "Votare sì ai quesiti per un giusto processo"

Pierpaolo La Rosa
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«Occorre votare sì a tutti e cinque i quesiti referendari perché rispondono all'esigenza di un rafforzamento dei principi fondamentali della nostra Costituzione, che sono quelli dell'innocenza dell'imputato fino alla condanna definitiva, del giusto processo in cui non c'è alcuna commistione tra chi accusa e chi giudica, e della terzietà e dell'indipendenza del giudice come strumento di garanzia dei diritti individuali e collettivi». È un sì senza se e senza ma, quello di Guido Camera, avvocato penalista e presidente dell'associazione «Italiastatodidiritto», alla consultazione del prossimo 12 giugno.

Presidente Camera, entriamo nel dettaglio dei quesiti referendari.
«Sono tutti estremamente importanti e non devono essere sviliti come materia per addetti ai lavori perché in realtà incidono in modo profondo sui diritti. Cominciamo da quello sulla custodia cautelare: in Italia abbiamo un grave ed endemico problema di errori giudiziari, se pensiamo che dal 1992 ad oggi abbiamo una media di mille persone incarcerate all'anno che poi vengono riconosciute innocenti, con centinaia di milioni di euro di soldi pubblici che vengono pagati per risarcirle. E, da avvocato penalista quale sono, aggiungo che quasi sempre viene risarcito il minimo del minimo. Il quesito sulla custodia cautelare serve ad evitare che questi numeri inquietanti continuino a ripetersi».

 

 

Passiamo agli altri temi oggetto della consultazione referendaria.
«La separazione delle funzioni tra chi accusa e chi giudica risponde all'esigenza di dare sempre più autonomia al giudice e di evitare che ci sia una contaminazione culturale tra funzioni. Con il referendum sul decreto Severino si intende rafforzare la presunzione di innocenza. La normativa è entrata in vigore nel 2012 e a dieci anni di distanza non mi sembra abbia prodotto una diminuzione del malaffare nella Pubblica amministrazione ed una qualificazione della classe politica, perché la debolezza del Parlamento è sotto gli occhi di tutti. Il diritto di voto agli avvocati nei consigli giudiziari serve a garantire che tutti i soggetti della giurisdizione possano esprimersi con la loro esperienza ai fini della valutazione delle toghe. Oggi abbiamo un giudizio positivo per i magistrati praticamente nel 100% dei casi, ma anche loro sono esseri umani e possono sbagliare».

C'è, infine, il quesito sulla elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura...
«Il quesito che intende eliminare la raccolta delle firme per la candidatura dei magistrati al Csm ha una forte connotazione politica perché la vittoria del sì vorrebbe dire chela popolazione ritiene che sia giusto premiare le toghe che lavorano e che producono sentenze, inchieste in modo realmente terzo ed imparziale, dando una risposta alle esigenze di giustizia della società, e non perché sono più o meno attivi in una corrente dell'Associazione nazionale magistrati».

 

 

Come valuta la riforma Cartabia?
«Contiene più luci che ombre. È evidente che dal mio punto di vista avrei voluto qualcosa in più verso una direzione più aderente alla visione liberal-democratica, ma sono più realista del re. Date le condizioni attuali, con un governo ed una maggioranza di scopo, bisogna riconoscere che forse è una delle cose migliori che poteva essere prodotta. Sono convinto che la vittoria del sì potrebbe non solo aiutare l'approvazione del testo al Senato, ma anche evitare in tutta la fondamentale attuazione della delega parlamentare una distorsione dei principi contenuti nel provvedimento». 

 

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