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Diritti & privilegi, non consideriamo i gay una specie protetta

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Alexandro Maria Tirelli*
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Il presupposto di questa mia riflessione è che la condizione di omosessualità non dà diritto a una patente di infallibilità né concede super poteri nei confronti della collettività. Orbene, questo semplice assunto può essere declinato in vari modi e con varie tonalità: in maniera scherzosa, irriverente, caustica o polemica. Luca Barbareschi, com'è nel suo stile, nell'intervista-assalto delle Iene, ha scelto di strofinare ruvidamente le parole. E ha parlato della pericolosità della «mafia dei gay».

Facciamo un gioco. Destrutturiamo il ragionamento di Barbareschi. E allora, al posto di «mafia» usiamo il termine «lobby» o «sodalizio» o «club». E sostituiamo a «gay» l'aggettivo «biondi» o «castani» o «calvi». Sicché otterremmo questa asserzione: «lobby dei calvi» è pericolosa. Ci sarebbe stato tutto questo trambusto in Italia per una dichiarazione del genere? Certo che no. Dunque, tutto il cancan attorno a Barbareschi – che non conosco personalmente, e che ho visto solo in tv, anni e anni fa – deriva solo dalla necessità di dare un altro colpo di piccone al diritto di ciascuno di poter esprimere liberamente una propria posizione per adeguarsi all'imperativo categorico del politically correct. La mafia evocata dall'attore non è certo quella di Corleone o di Casal di Principe. È una iperbole. Davvero nessuno se n'è reso conto? Io credo, invece, che tutti l'abbiano capito e che abbiano inscenato, per convenienza, la necessità di scandalizzarsi.

E poi perché questa voglia di voler «sansebastianizzare», come scriveva Oriana Fallaci, gli omosessuali facendoli apparire deboli e indifesi quando deboli e indifesi non sono? Gli orientamenti sessuali sono scelte personali che hanno valore solo nelle camere da letto, e non dovrebbero mai inquinare il dibattito pubblico. Né contro né a favore. Invece assistiamo a una volontà di chiudere gli omosessuali in un recinto come si farebbe con i panda in via di estinzione. Guai a parlarne male! Ma è un dato lapalissiano che il gruppo di potere e di pressione composto da omosessuali, in alcuni settori, è rilevantissimo e orienta le scelte in maniera discrezionale. E mi riferisco alla moda, al cinema, al teatro. Denunciarlo, come ha fatto Barbareschi, è un reato di lesa maestà? Il potere di lobbying dei gay è più tollerabile di quello dei calvi? Direi di no...

La libertà dei gay sta nella misura della loro normalità nella vita sociale non nel grado di martirio a cui aspirano. L’omosessualità va accettata come fatto che esiste nel mondo, e non ideologizzata o peggio strumentalizzata a fini politici. La scoperta di uno scienziato avrebbe più o meno valore a seconda dei suoi gusti sessuali? Chiaramente no. Eppure, in Italia, oggi, il Tribunale dell'Inquisizione della Morale Unica sarebbe in grado finanche di portare avanti questa assurdità. Come se ne esce, allora? Anzitutto evitando l'apologia degli omosessuali che, al di là di tutto, sono uomini e donne con le loro manie, i loro egoismi, le loro pulsioni, le loro miserie; e valutarli per quello che fanno e per come si comportano. Proprio come accade a tutti noi, sempre, a ogni latitudine. E poi cercando di non considerare gli omosessuali una specie protetta.

Prendiamo il caso di Vladimir Luxuria. È da dieci anni ospite fisso in tv per parlare di ogni argomento dello scibile umano. E, al di là della simpatia che mi ispira il personaggio, non esprime concetti così profondi da renderla unica e inimitabile nel panorama dello show biz italiano. Possiamo dire che Luxuria è invitata nei programmi televisivi solo per il suo orientamento sessuale? Il bon ton bigotto dei nostri tempi ci imporrebbe di pensarlo ma non di scriverlo. Però, lo facciamo lo stesso. E se arriverà la lapidazione dei benpensanti, ce ne faremo una ragione. 

*Presidente delle camere penali del diritto europeo e internazionale 

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