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Carlo Calenda silura la candidata sadomaso. "Discriminata", la replica di Doha Zaghi è una frustata

Christian Campigli
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Una blasfema meretrice, incapace di occuparsi di scuola, traffico e sicurezza o l'ennesima dimostrazione che l'Italia, sotto sotto, è ancora una nazione retrograda, bacchettona e moralista? Attorno alla vicenda di Doha Zaghi, in arte Lady Demonique, si è scatenata una polemica che non accenna a placarsi.

La cronaca racconta di una trentunenne, nativa di Carpi, ma residente a Como da alcuni anni, che si era avvicinata con grande passione al movimento fondato da Carlo Calenda. Quest'ultimo aveva deciso di candidarla alle elezioni amministrative di Como, come consigliera comunale, nella lista Agenda Como 2030, formata da Azione, Italia Viva, +Europa e Volt, per sostenere la candidata di centrosinistra Barbara Minghetti.

 

Il quotidiano La Provincia ha però scoperto che, sotto i panni della donna impegnata e culturalmente di alto livello, si celava una dominatrice. Una performer, che con indosso il bustino di pizzo e la frusta in mano, picchiava senza pietà (in cambio di un compenso in denaro) clienti desiderosi di rigide punizioni. Hanno fatto il giro del web i video di un suo avventore con indosso la maschera di Salvini preso a calci nei genitali e altri tre filmati nei quali umilia i suoi partner con un crocifisso. Il tutto condito da un numero imprecisato di bestemmie. Calanda non ci ha pensato su due volte e l'ha silurata. “Scherzi a parte, non conoscevo i trascorsi della signora. Se si trattasse di fatti privati nulla quaestio, ma direi che non ci sono i presupposti perché sia una candidata di Azione”.

Come dire, senza tutta questa pubblicità, magari si poteva chiudere un occhio. Così anche no. Doha Zaghi non è rimasta in silenzio. Anzi. Ha replicato, sostenendo che la sua professione era nota a tutti. “Sono vittima di un caso di discriminazione. Siamo sempre ai soliti discorsi all’italiana. Sono solo pregiudizi. In America ci sono famose dominatrici con impegni importanti in politica. Sono molto delusa da un partito che si definisce europeista, riformista e liberale, ma che in realtà si è rivelato solo moralista. La mia candidatura è un segnale per capire realmente se abbiamo le palle di vivere senza pregiudizi e sessismo”. Siamo davvero un Paese schiavo dei propri vizi e delle sue ossessioni più inconfessabili? O più semplicemente, c'è una sottile linea di pudore, decenza e serietà che, in questo caso, era stata ampiamente sorpassata?

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