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L'Italia è piena di energie, basta sprigionarle

Mario Benedetto
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C'è stato poco da festeggiare. Il lavoro, in primo piano nella nostra carta costituzionale, rimane sullo sfondo nella realtà socio-economica dei nostri giorni. È importante non essere disfattisti, ma al contempo non distogliere lo sguardo davanti a criticità che, per poter essere superate, vanno e messe a fuoco. E riconosciute. È da tempo che il 1 maggio viene ricordato più per questioni collaterali, musicali, che per il suo vero senso. È da tempo che anche la questione del lavoro viene ideologizzata: un errore grave, nei confronti di un valore per eccellenza universale.

Tra le prime 5 regioni europee con occupazione più bassa, 4 sono italiane (ultimi dati Eurostat). Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Fa rabbia per due motivi: uno, per il potenziale economico che queste terre, in realtà, possono sprigionare. Due, per il fatto che vedere il sud come un territorio in sofferenza sia diventata un’abitudine.

Lavoro e superamento di «regionalismi», due argomenti rintracciati nelle prospettive emerse dalla convention di Fratelli d’Italia conclusasi proprio il giorno della festa dei lavoratori. Un momento che consegna buone notizie, non a fazioni o gruppi di elettori, ma al sistema politico e democratico. C’è una leader, donna, che al crescere del suo partito non ha visto conseguirne una parcellizzazione, ma una rinnovata compattezza attorno alla sua guida. Al contempo vedendo non limitata ma, al contrario, alimentata una dialettica interna ed esterna che la pone come riferimento conservatore, riformista, in ambito nazionale e sovranazionale, anche in virtù del suo ruolo di Presidente del partito dei conservatori europei.

Un ampio confronto con società civile, attori economici, senza il cui contributo e il cui ascolto, lo si sa attingendo all’intelligenza politica, si fa poca strada. È proprio questa l’affermazione di una visione da cui oggi può passare la rinascita non di una parte, ma del «tutto». Una visione che può aiutare nella trasformazione del ruolo dello Stato, da assistenzialista a garante di regole e condizioni di mercato certe e civili. Come non sono, anche per responsabilità storiche, pressione e cuneo fiscale ahinoi attuali.

Come non sono, sempre stando al lavoro, politiche passive che devono cedere il passo a politiche attive capaci di stimolare la domanda di lavoro, con imprese in grado di offrire condizioni che superino la convenienza della percezione di redditi e sussidi alternativi. L’Italia ha ben altre energie, vanno «solamente» sprigionate.

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