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Per il caro bollette servono i soldi del Pnrr: Gianluigi Paragone squaglia la provocazione di Draghi sul condizionatore

Gianluigi Paragone
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"E’ molto meglio sposare una donna bella ricca e fedele che una brutta, povera, che ti mette le corna". Era una delle sentenze di Massimo Catalano, il filosofo dell’indimenticabile salotto notturno di Renzo Arbore.

Ecco, l’altro giorno, Mario Draghi chiedendo se fosse meglio la pace o il refrigerio dei condizionatori è riuscito nell’operazione nostalgia: un po’ Massimo Catalano ma anche un po’ Katia e Valeria, le due comiche di Zelig che fingevano il concorso di Miss Italia augurando la pace nel mondo. Nella conferenza stampa del condizionatore, il pinguino Draghi non è soltanto inciampato nella comunicazione ma ha evidenziato l’affanno di un premier in forte stato confusionale: visto che non può fare a meno del gas russo, rimanda alle scelte degli italiani - famiglie e imprese - nel tentativo di rabberciare una soluzione ben più complessa del fresco in casa.

Tra l’altro Mario Draghi ha poco da fare il brillante in casa degli altri. Visto che l’uomo se ne è uscito chiedendo agli italiani una rinuncia per il bene supremo della pace, sarebbe stato meglio informarsi di alcune cosette che riguardano governo, parlamento e pubblica amministrazione: lo sa che per tenere giacca e cravatta (come da regolamento) pure nei mesi caldi, in parlamento si tiene l’aria condizionata a palla? Ecco, cominciamo a guardare prima in casa nostra, magari evitando che negli uffici della Camera e del Senato, dei ministeri, in generale della P.a. si tanga l’aria in modalità Siberia.

La provocazione o la sfida lanciata dal Governatore si squaglia in una realtà che non può prescindere dalla forte dipendenza che abbiamo con il player russo. E non saranno né i nuovi pacchetti sanzionatori, né le sanzioni in generale a risolvere la questione visto che le sanzioni non solo non producono un effetto deterrente, ma rischiano di favorire un cartello geopolitico che pagheremo caro a breve: più l’Europa (su input americano) inasprisce le sanzioni e più Putin si legherà alla Cina, all’India e a quell’Asia in corsa che necessita di gas. Conviene? Forse no.

E allora come se ne esce? Lo ribadisco: costruendo una mediazione (presupposto necessario ma non sufficiente al fine di una pace possibile e non assoluta) che negozi sia con Zelensky che con Putin la “divisione” dell’Ucraina. Chi pensa di sconfiggere Putin o di metterlo alla sbarra di un qualsivoglia tribunale lo dovrà prima sconfiggere militarmente, sapendo che così facendo la guerra si mette su un crinale ancor più pericoloso e tragico.

Torniamo a Draghi e al suo pistolotto alla Catalano. Ridurre il consumo di energia mettendolo come presupposto della pace è una corbelleria che nemmeno la propaganda di Greta avrebbe pensato. La verità è che Draghi non sa come giustificare due cose: la prima è che l’Italia (con tutta l’Europa, Germania in testa) paga a Putin attraverso il gas il sostentamento della guerra; la seconda è che il governo non ha i soldi per far fronte al caro energia, dalle bollette alle pompe di rifornimento. Su quest’ultimo punto si sta inventando una serie di interventi che non producono alcun beneficio ai bilanci delle famiglie e delle imprese, basti leggere le bollette che stanno arrivando in casa o nelle aziende. Draghi a tal proposito dovrebbe chiedere non solo lo scostamento di bilancio ma soprattutto il ripiegamento dei soldi del Pnrr per affrontare questa emergenza. Non accade perché quei soldi non ci sono e la tanto strombazzata Europa non ha soldi da mettere senza provocare una crisi di nervi ai tedeschi, agli olandesi e a tutti i sacerdoti del rigorismo.

 

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