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Energia elettrica, lo Stato si decida a ridare le accise versate dai clienti fino al 2012

Pietro Bracco *
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Oggi una delle priorità è abbassare il costo dell’elettricità, del gas e del carburante. Lo Stato ci si sta impegnando molto. È stata, in primis, ridotta al 5% l’Iva sul gas consumata da ottobre 21 a giugno 22. Non si capisce perché sull’energia elettrica e sul teleriscaldamento non si faccia lo stesso. Si capisce, invece, perché non lo si faccia per i carburanti. L’Ue non lo permette; anche se la Polonia sta andando avanti lo stesso con la riduzione all’8% a prescindere dal vincolo comunitario. Sono stati abbattuti gli oneri di sistema.

È stata ridotta per 30 giorni l’accisa per i carburanti di 25 centesimi al litro per benzina e gasolio e di 8,5 centesimi per Gpl. Grazie all’Iva, che è applicata sulle accise, l’effetto della riduzione porta, rispettivamente, a 30,5 e 10,37 centesimi. Sono concessi crediti d’imposta per le imprese energivore. Draghi ha detto al Parlamento «in questa crisi ognuno deve fare la sua parte». Ed è giusto. E per questo, tra l’altro, viene chiesto un contributo straordinario del 10% sull’extraprofitto. Sempre secondo Draghi, appunto, «ci sono fenomeni speculativi insopportabili e occorre intervenire».

Abbiamo messo sul tavolo tutto il possibile? Per rispondere alla domanda dobbiamo andare indietro nel tempo. Quando non c’era neanche il Covid. Nel 2019 la Corte di Cassazione tuonò sul contrasto con la normativa Ue delle addizionali all’accisa sull’energia elettrica, applicate fino al 2012. A questo punto i consumatori finali avevano il diritto di richiedere il rimborso dell’imposta addebitata in bolletta. La strada sembrava facile. Ma sembrava solo. I consumatori, infatti, non potevano candidamente richiedere il rimborso a Stato, Comuni o Province. L’ente impositore non ha, difatti, un rapporto diretto con i consumatori. La sua controparte è il fornitore, il quale poi si rivale in bolletta. A questo punto, uno avrebbe potuto pensare che l’iter sarebbe stato un po’ più lungo ma sempre facile: il fornitore avrebbe anticipato il rimborso e se lo sarebbe fatto ridare dall’ente impositore. Purtroppo non è neanche così. Il fornitore ha diritto ad avere il rimborso solo se viene condannato in sede civile. Ciò voleva dire una causa del cliente contro fornitore. Quest’ultimo, una volta persa la causa (perché tanto la perde) avrebbe avuto il diritto ad andare dall’ente impositore a farsi ridare l’addizionale già versata al cliente a seguito di condanna.

Non sarebbe forse il caso di chiudere questo «insopportabile fenomeno speculativo» con una norma che preveda il rimborso ai consumatori punto e basta? Tra l’altro, così si libererebbero i tribunali da un po’ di lavoro. Allo stato, che io sappia, siamo a qualche migliaio di contenziosi civili. E, credetemi, sono ancora pochi perché molti consumatori finali hanno rinunciato al lungo ed estenuante iter. Il tutto per oltre 3 miliardi. Questa almeno era la stima che si fece all’epoca della Cassazione.

* Fiscalista e adjunct professor Luiss Business School
 

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