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Servono sconti in bolletta. Mario Draghi avverte sui rincari: stavolta decide l'Unione Europea

Filippo Caleri
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Ci sarà un nuovo intervento del governo sulle bollette energetiche. Che rischiano di schizzare ancora verso l'alto per l'effetto della guerra in Ucraina. Non è più un'ipotesi perché ad annunciarlo è stato il premier Mario Draghi nel corso delle comunicazioni in Senato sugli sviluppi del conflitto nel paese dell'Est attaccato dalle truppe di Putin. «La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell'energia, che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie» ha spiegato Draghi. Che ha anche infilato dentro al discorso il suo problema principale. E cioè come finanziare l'ennesima manovra per attutire il peso dei rincari di gas e petrolio sui conti delle famiglie. Già, nell'ultimo decreto approvato dal consiglio dei ministri, il ministero dell'Economia, Daniele Franco, ha evitato con tenacia di accendere nuovo debito per finanziare l'impegno di circa 7 miliardi contro i rincari. Niente nuovo deficit insomma ma impegno di soldi non materialmente in cassa ma in arrivo, e comunque stimati, generati dal miglioramento dei conti pubblici grazie al recupero del Pil contabilizzato nel 2021. Le risorse in quel momento sono state reputate sufficienti.

 

 

Franco, ha evitato di chiedere con il cappello in mano un allargamento dei cordoni della Borsa da parte di Bruxelles. E Draghi ha evitato di dovere usare la sua moral suasion con l'Europa per farsi autorizzare l'emissione di più titoli pubblici. Strategia corretta, forse. Ma oramai inservibile. A giudicare dai prezzi raggiunti da gas e petrolio sul mercato internazionale l'intervento, per essere efficace, dovrà essere sostanzioso. Ed ecco il punto. Visto l'esaurimento dei margini finanziari a disposizione il ricorso allo scostamento di bilancio sarà inevitabile. Ed è anche per questo che il segnale che il presidente del consiglio ha inviato ieri all'Europa è inequivocabile. Dopo aver annunciato nuove misure il premier ha, infatti, aggiunto: «È opportuno che l'Unione Europea le agevoli, per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. Nel lungo periodo, questa crisi ci ricorda l'importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa». Al diavolo, insomma, per l'ennesima volta, l'austerità e il rigore propugnato dai Paesi del Nord, e che la Germania, sulla spinta delle prime fiammate inflazionistiche, aveva già chiesto di reintrodurre nelle decisioni della Banca centrale europea. Lo scenario è cambiato così rapidamente che sarà difficile questa volta dire no.

 

 

In fondo il problema lo hanno tutti i cittadini europei, e le risorse per finanziare interventi per calmierare i prezzi, sono scarse un po' dappertutto in Europa. Il Tesoro e la Ragioneria dello Stato se ne dovrà fare una ragione. Avevano sicuramente messo in conto una lode europea per i risultati certificati ieri l'Istat sulla tendenza positiva della finanza pubblica nel 2021. Dati secondo il quale il deficit della pubblica amministrazione è migliorato al 7,2% del Pil (dal 9,6% del 2020) e il rapporto debito/pil è calato al 150,4%, dal picco del 155,3% raggiunto nel 2020. «Si tratta di risultati nettamente migliori rispetto alle previsioni ufficiali e alle valutazioni delle istituzioni internazionali e degli analisti di mercato» ha sottolineato il ministero. Sarà difficile mantenere questa direzione. Le risorse servono, il gettito fiscale non ne dà a sufficienza per interventi straordinari. Non resta che il debito oltre il consentito. Chissà come lo qualificherà Draghi: buono (per gli investimenti) o cattivo (per la spesa improduttiva). Si dovrà comunque fare.

 

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