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Centrosinistra, Carlo Calenda dice ancora no a Enrico Letta e Giorgetti

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Gaetano Mineo
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La tecnica appare quella di «chi offre di più». Sul piatto c'è il neo partito Azione che federato con +Europa a oggi viaggia nei sondaggi al 4,6%. Il resto spetta a Carlo Calenda che da bravo ex venditore di fondi di investimento e polizze non mancherà di ben piazzare il suo ex movimento, ieri divenuto partito con tanto di primo congresso a Roma e sua elezione a segretario.

«Il Pd rimane un interlocutore e anche Italia viva e Forza Italia. E persino una parte della Lega, quella di Giorgetti». E così il neo segretario accende i due forni in vista della Politiche del prossimo anno cercando di portare a casa un maggior bottino possibile. Azione, in sostanza, si propone di costruire, «ovviamente tenendo aperta la porta a chi vuole partecipare», la linea tracciata dall'ex ministro dello Sviluppo economico, che vuole «interlocutori» in tutti coloro che puntano a cambiare e modernizzare il Paese.

Partendo da una certezza: Calenda non starà mai insieme a Giorgia Meloni e Giuseppe Conte. «Noi non accettiamo confronto con M5S e Fdi. È una scelta netta e definita perché il dialogo si fa a partire dai valori comuni», rimarca l'ex vicemiSviluppo econonistro dello mico. Enrico Letta, presente tra gli altri al congresso, non solo fa orecchie da mercante ma già proclama il sodalizio con Calenda convinto che «insieme vinceremo le elezioni Politiche del 2023». Il che presuppone o che il segretario dem intende sciogliere prima di nascere l'alleanza con il M5s o che la sua dichiarazione serva a far decidere a Conte, il prima possibile, cosa vuole fare da grande.

Perché a sentir Calenda, Letta, nonostante le parole al miele nei confronti dell'ex viceministro, di certo non potrà stare insieme ad Azione e allo stesso tempo con i 5 Stelle. Tuttavia, per evitare equivoci, Calenda lo gela, riaffermando un principio che sembra andare in una direzione non proprio simmetrica a quella tracciata da Letta: «Saremo indipendenti».

Mentre sulle alleanze, il segretario di Azione ritiene che i grillini abbiano «inquinato la politica italiana» e perciò non reputa loro «un interlocutore» per il semplice motivo che sono il classico esempio di «un disvalore per l'Italia». I lavori sono stati aperti da esponenti di quasi tutte le forze politiche: oltre Letta, il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, quello della Salute Roberto Speranza, il vice presidente di FI Antonio Tajani, il presidente di Iv Ettore Rosato, il co-fondatore di Coraggio Italia Giovanni Toti, il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova. In pratica, mancavano i due Matteo, Salvini e Renzi.

Oltre i partiti «banditi» FdI e M5S. «Qualunque sistema elettorale ci sia noi con sovranisti e populisti non andremo alleati», continua a ribadire. Insomma, Calenda incassa l'apprezzamento di tutti, evidenziando che Azione non è né di centro, né di sinistra, né di destra, almeno per come si intendono in Italia. «Facciamo riferimento - precisa - a un partito che si chiamava Partito di Azione, che era un partito liberal-socialista. Il liberal-socialismo è il pensiero che cerca di mettere insieme due fattori determinanti: la potenza della libertà individuale» che trova un limite «nella società in cui opera: se la società si frattura e si spacca non si sente più comunità e anche lo sforzo dell'individuo decade». Oggi, la seconda e ultima giornata del congresso. 

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