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Flavio Briatore sta coi balneari e attacca il governo: "Spagna e Portogallo li hanno aiutati, noi no"

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Antonio Siberia
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Spiagge italiane. Non più immense ed assolate ma in gara per le concessioni. Dal 1 gennaio 2024. Su questo, sulla crisi del turismo italiano e su altre faccende, in un Paese ancora avvinghiato a green pass e super green pass, abbiamo intervistato Flavio Briatore, imprenditore - dallo stabilimento balneare e discoteca Twiga in Versilia al Crazy Pizza a Roma - e uomo di mondo. Nel senso che lo conosce. «Come sempre - annota Briatore sul provvedimento in merito alle concessioni balneari dobbiamo fare dei pasticci perché la Spagna e il Portogallo non hanno aderito alle stesse misure, per cui non si tratta di un fatto europeo ma di una scelta. Alcuni punti del testo, come la tutela dell'occupazione, vanno anche bene però i balneari non possono essere depredati del lavoro che hanno costruito in anni e anni di fatiche e investimenti».

Cosa bisognerebbe fare?
«Intanto bisogna fare un censimento delle spiagge. Secondo: bisogna che chi subaffitta ad altri perda il diritto alla concessione. Terzo: le aste logicamente dovranno tener conto del valore comprensivo pure del lavoro che un imprenditore, gestendo lo stabilimento, ha fatto per anni. In base ai dipendenti che ha, al fatturato, agli utili che otteneva. Quando vai alle aste compri sempre su una serie di parametri che danno il valore del bene. Se qualcuno ha preso una spiaggia qualche anno fa e gli accordi dicevano che la concessione sarebbe durata fino al 2033, ebbene questi imprenditori chiederanno soldi all'erario perché non puoi entrare in un business dove c'è una regola e dopo qualche anno te la cambiano».

Il settore turistico in Italia soffre molto, lei che stagione prevede?
«In questo momento, marzo e aprile, la gente prenota per le vacanze. Se noi continuiamo a confonderla con green pass, super green pass, eccetera, eccetera, rischiamo che le persone se ne vadano in Spagna, in Croazia o da un'altra parte a divertirsi. Noi -come semprenon abbiamo una comunicazione coerente. Dovremmo avere il ministro del Turismo, o comunque una sola figura istituzionale, che spiega ciò che si può fare e cosa no arrivando in vacanza in Italia. Ed invece parlano tutti, dal ministro della Salute Speranza a tutti gli altri. E chi dall'estero legge i giornali non capisce quale sia la situazione italiana e cosa si possa fare oppure no. Io sono d'accordo che la gente debba vaccinarsi, per cui i vaccini bisogna mettersi il cuore in pace e farli, per il resto però bisogna essere liberi. Basta. Andare al bar, al ristorante, dove si vuole. Senza il green pass o il super. Bisogna semplificare, come fanno negli altri Paesi. A Dubai, da dove le parlo adesso (ndr, nel giorno in cui è stata fatta l'intervista), nessuno ti chiede niente».

Quindi la burocrazia è uno dei grandi problemi italiani?
«Non c'è dubbio che siamo ammalati del virus burocratico».

Lei con una battuta, in passato, ha detto che l'Italia è un bel posto per farci le vacanze ma non per viverci. Conferma?
«L'Italia ha circa 8mila km di coste. Dobbiamo aumentare le infrastrutture, soprattutto al Sud ma in tutto il Paese, per creare posti di lavoro. Per andarein vacanza l'Italia è fantastica ma so che in questi giorni Milano è deserta e Roma pure. Se continuiamo a terrorizzare gli italiani, non se ne esce. Hanno detto che non serve più la mascherina all'aperto ma buona parte delle persone ancora la tiene. Ognuno, per carità, è libero di scegliere, io ad esempio andavo in Giappone 20 anni fa e giravano già con la mascherina. Ma bisogna uscire dalla paura. Noi non abbiamo oggi una comunicazione chiara da parte del Governo. Servirebbe una bella conferenza alla stampa estera di un ministro o dello stesso Mario Draghi, per parlare ai giornali stranieri e al mondo, e dire: in Italia dal giorno x sara così. L'Italia è l'unico Paese che mette e leva, mette e leva. In Inghilterra abbiamo visto che sono partiti con una strategia, forse la più giusta col senno di poi. Il Portogallo liberalizza tutto, la Spagna idem. A noi serve una voce che invogli gli stranieri a tornare in Italia, parlando chiaramente. Così rischiamo di avere una stagione turistica zoppa e sarebbe un disastro. In questi due anni pensate già a quanti alberghi, ristoranti, spiagge, hanno chiuso. Due anni così non li sopporta nessuno. Lo stesso, quando parlano delle aste delle spiagge, devono tener presente che ci sono intere famiglie che ci vivono, lavorando tre o quattro mesi, per camparci un anno intero. Per cui, quando si parla dell'Europa,d'accordo.Mapotevaessere l'Europa meno la Spagna, il Portogallo e l'Italia per far vedere, una volta tanto, che abbiamo anche i coglioni per dissentire da regole europee che non troviamo giuste».

Indro Montanelli, a proposito degli italiani, citava una battuta dello scrittore inglese Kipling: «Un italiano, un bel tipo. Due italiani, una discussione. Tre italiani, tre partiti politici». È d'accordo?
«Sa l'Italia è un Paese che non è mai omogeneo, per cui i partiti anche nell'evidenza di una cosa giusta, non la fanno perché non si vogliono allineare alle ragioni dei partiti avversari. In Italia la politica la fanno persone molto scarse e per stare a galla creano problemi a tutti, a cominciare dalla comunicazione. Lo abbiamo visto con il voto per il Quirinale, il lunedì che son cominciate le votazioni sembrava se ne fossero accorti il giorno stesso che dovevano eleggere il Presidente della Repubblica. La gente che è lì è pagata dai cittadini, e se scrive un nome a vanvera, il mio, quello di Fiorello o di Amadeus, per farle un esempio, beh come cittadino mi sento preso in giro. Prendono 15mila euro al mese e dovrebbero avere la coerenza almeno di essere seri. Hanno fatto un can can su chi andava al Colle per due mesi, con Mattarella che aveva preso la casa in affitto e fatto gli scatoloni perché non lo voleva più fare, e loro che hanno fatto? Hanno votato Mattarella. Ai politici, dei cittadini, non gliene frega nulla. Hanno solo l'interesse di restar lì e mantenere il loro posto di lavoro».

Lei però la fiducia nell'Italia non l'ha persa ed ha appena aperto un locale a via Veneto. Perché?
«Abbiamo aperto "Crazy pizza" e tra una settimana apriremo anche a Milano. Io credo che il fatto che noi apriamo sia comunque un segnale. Ci saranno altri che apriranno. Via Veneto è il simbolo della dolce vita nel mondo ma certo, se non c'è niente, la movida non si può fare. Ma sono fiducioso: riusciremo a far tornare il divertimento e il movimento».

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