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Basta con le restrizioni, il green pass ora è da Tafazzi

Franco Bechis
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In tutti gli altri paesi di Europa o sono già state ritirate le norme più restrittive per fermare la circolazione del coronavirus o è stata annunciata l’abrogazione a breve: via mascherine all’aperto (come accadrà anche in Italia), via pure quelle al chiuso (e da noi non si sa), abolizione del green pass rafforzato dove c’era, riapertura di esercizi commerciali la cui attività era stata sospesa, aumento della capienza di teatri, cinema, impianti sportivi senza particolari vincoli all’accesso. Si prende atto dunque della rapida flessione della curva dei contagi e della minore gravità delle varianti Omicron del virus rispetto a quelle che l’hanno preceduta. Si torna dunque alla normalità, sia pure mettendo da parte tutti gli strumenti con cui si è cercato ovunque di limitare i danni della pandemia, pronti a usarli ancora in una situazione diversa. Così fanno i Paesi seri in cui si utilizzano strumenti e norme non brandendole come una clava ideologica, ma adattandoli alla realtà secondo le necessità. L’Italia che pure lentamente si muove sembra invece prigioniera di un’ideologia più che capace di utilizzare strumenti tecnici alla bisogna. Non so per quale motivo persone intelligenti e con storie di grande flessibilità di idee abbiano trasformato uno strumento tecnico - quale è il green pass - in una sorta di immaginetta religiosa su cui non è possibile discutere. Perfino autorevoli professionisti della medicina che di questo non dovrebbero nemmeno occuparsi insistono con il governo perché se anche tutto venisse riaperto, resti comunque in vigore il cosiddetto green pass rafforzato. E non si capisce proprio perché: sono pazzi gli altri paesi Ue che lo stanno abrogando ovunque sia stato utilizzato?

Oggi l’emergenza di questo Paese non è più il virus, ma la ricostruzione di una economia messa a dura prova da questi due anni e stando alle prime rilevazioni statistiche non particolarmente aiutata da un’altro santino celebrato fin troppo: quello delle risorse del Pnrr, rigidamente vincolate ad investimenti in settori di cui non si occupano la maggiore parte delle imprese italiane. Nell’emergenza c'è la incredibile crescita della bolletta energetica con il suo lascito di iper inflazione tutt'altro che temporaneo, e in grado di danneggiare il tessuto imprenditoriale come i bilanci delle famiglie. È a questo green pass che bisognerebbe pensare oggi: un passpartout per attraversare in sicurezza le grandi difficoltà che stiamo vivendo tutti. Bisogna uscire dall'ipnosi del virus, perché l'Italia è fatta di tanti altri problemi che stanno via via esplodendo.

 

 

 

Ora uno dei fattori trainanti del Pil italiano è senza dubbio il turismo, che vale circa il 13% della ricchezza nazionale. O forse valeva, perché è il settore messo più in crisi sia dalla pandemia che dalle norme restrittive che l'hanno accompagnata. Sulla carta si è scelto di tenere tutto aperto legando questa possibilità al supergreen pass con cui si accedeva ad alberghi, ristoranti e alla fine pure bar e gran parte delle catene di negozi dello shopping. Tutto aperto sulla carta, ma la maggiore parte dei turisti stranieri girano al largo dell'Italia e quindi chi basava la propria attività su quel business spesso ha preferito chiudere i cancelli ed aspettare momenti migliori.

Oggi un turista che viene da paesi in cui è libero di muoversi e pure di divertirsi può arrivare in Italia anche facendo un solo tampone necessario al viaggio: se è negativo, arriva liberamente a Roma, Firenze, Venezia e dove vuole. Ma dove arriva non può muoversi liberamente, dormire dove preferisce, mangiare in quel locale, bersi un caffè perché le norme in vigore sono più restrittive. Mancano poche settimane alle vacanze pasquali, e già a quest'epoca si iniziano a programmare le vacanze estive. Pensate che un tedesco, un francese, un inglese, un olandese in questa condizione opterà per fare una vacanza ad ostacoli in Italia o quel che preferisce sulle coste della Grecia o della Spagna? La risposta è semplice e insistere per il passaporto vaccinale hard facendo circolare l'ipotesi di mantenerlo anche la prossima estate come è avvenuto in questi giorni è semplicemente da Tafazzi, quel personaggio interpretato da Giacomo Porretti che diventò celebre negli anni Novanta grazie alla gag in cui si percuoteva violentemente con una bottiglia di plastica le delicatissime parti basse. Un allegro e micidiale masochista. Se con la quarta ondata che di giorno in giorno sta spegnendosi, il resto d'Europa pronto a tornare a una vita libera e una situazione economica che sta diventando la principale emergenza, non si riesce a mollare la presa sul super green pass, allora avremmo davvero un governo di Tafazzi. Non voglio crederci.

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