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Presidente della Repubblica e candidati, il veto di Enrico Letta sul Quirinale: "Mai nomi di centrodestra"

Luigi Frasca
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Scheda bianca, almeno oggi, alla prima votazione che ini zierà deciderà. Questa l'indicazione arrivata dal centrosinistra alla vigilia del primo voto per l'elezione del Presidente della Repubblica, assieme a un nome: Andrea Riccardi. È il fondatore della Comunità di Sant' Egidio la carta che il centrosinistra è pronto a giocare soprattutto nel caso in cui il centrodestra dovesse proporre un nome d'area. Il segretario Enrico Letta ha condiviso con gli alleati di M5s e Leu la strategia, in un incontro di primo mattino a Montecitorio, negli uffici Pd, durato circa due ore. Al termine Letta, Conte e Speranza sono usciti con un comunicato congiunto. «Si ragiona su Andrea Riccardi come profilo di presidente ideale», spiegano fonti del Nazareno. E «non si tratta di un candidato di bandiera», spiega a sera Letta dopo aver incontrato i grandi elettori: «Andrea Riccardi è il nostro candidato ideale», sottolinea il segretario dem.

Che non si tratti di uno stratagemma per contarsi in aula lo confermano anche i capogruppo di Leu, presenti assieme ai loro omologhi M5s e Pd alla riunione del mattino: «Riccardi non è per niente un candidato di bandiera», dice la presidente di Leu al Senato, Loredana De Petris. L'identikit, per i tre leader è quello indicato ormai da settimane: profilo non di parte, autorevole. E in serata Letta annuncia anche che per il Pd la scelta perfetta sarebbe quella di un Mattarella bis. Comunque aggiunge «sono ottimista, la soluzione si troverà entro 48-72 ore».

In mattinata, dopo due ore di riunione i leader del centrosinistra escono con un comunicato: vi si legge la convocazione permanente delle delegazioni, l'appuntamento a stamani per decidere il comportamento in occasione della prima votazione, ma soprattutto la richiesta di un tavolo fra tutti i partiti per arrivare a una scelta condivisa. Nel frattempo il dubbio è tra votare scheda bianca o virare su un candidato di bandiera. Che potrebbe essere Andrea Riccardi. Una ipotesi che non convince tutti, anche perché il nome è di quelli che potrebbero essere spendibili ben al di là della necessità di contarsi. Nell'immediato, tuttavia, la priorità rimane quella di tenere insieme gruppi parlamentari che non permettono leggerezze.

«Il Pd è compatto», assicura Roberta Pinotti lasciando l'assemblea dei grandi elettori. Il segretario Pd ha «blindato» il percorso con la riunione della direzione e dei gruppi parlamentari ai quali ha chiesto il mandato pieno, per sè e per le due capigruppo, a trattare con le altre forze politiche. Mandato ribadito ieri dai grandi elettori. I parlamentari, e non solo del Pd, rappresentano la maggiore incognita nel caso si decidesse di convergere sul nome di Mario Draghi.

Il premier è, al momento, ancora in pole position nelle preferenze del campo di centrosinistra, ma una sua elezione metterebbe un punto interrogativo sulla tenuta del governo. Di qui l'idea di un patto di legislatura per arrivare al 2023 senza tornare al voto. Con uno stop, durissimo, inviato al centrodestra: «Ulteriori candidature di centrodestra faranno la stessa fine di quella di Berlusconi». Non proprio un messaggio di pace in vista dell'incontro con Salvini di oggi.

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