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Quirinale, Matteo Renzi gioca da regista: "Serve la politica per eleggere il Capo dello Stato"

Pietro De Leo
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Recuperare centralità, non farsi schiacciare da un eventuale patto tra Enrico Letta e Matteo Salvini. Porsi come l'alfiere di una stabilità e continuità di governo. Eccola, la campagna di gennaio di Matteo Renzi, di cui ieri, con la e-news, c'è stata conferma. D'altronde, appena un paio di giorni fa, inaugurando la corsa elettorale del candidato centrista al collegio Roma Centro della Camera, aveva detto: «Stavolta al Quirinale non c'è regia. Noi possiamo dare una mano. Qualunque sia il gioco, bisogna partire sulla politica. Allo stesso modo il passaggio dei prossimi giorni, qualunque sia il finale, deve essere politico».

Dunque, se in politica i dettagli sono spesso l'anima delle cose, quel «politico» può anche essere letto come un no al tecnico per eccezione, Mario Draghi. Ieri appunto, nel testo online il leader di Italia Viva ha sentito il dovere di riassumere, per punti, un'intervista rilasciata al Corriere della Sera qualche giorno fa. «Non è necessario votare il Presidente alla prima votazione», punto iniziale, che dunque stronca l'eventualità di un larghissimo accordo sul nome dell'attuale premier.

Secondo punto: «Meloni, Conte, Letta vogliono le elezioni, anche se non tutti lo ammettono». A questo punto è necessario andarsi a rileggere la risposta di riferimento nel colloquio con il Corriere. «Maria Elena Boschi - era la domanda - sostiene che chi spinge Draghi al Colle vuole le elezioni: lo dite perché non volete Draghi o perché temete le elezioni?».

Risposta: «Ha detto la verità. Meloni ha bisogno delle elezioni perché ha iniziato il calo dei sondaggi. La crisi di Conte è conclamata e Di Maio aspetta solo le Amministrative di primavera per fargli le scarpe. Quanto a Letta, se non si vota deve fare il congresso e vincere le primarie, esercizio nel quale non ha grande esperienza. Loro vogliono il voto anticipato per esigenze personali». E poi proseguiva: «Dopo di che Draghi sarebbe un perfetto presidente della Repubblica come è stato un perfetto premier. Se vogliamo mandarlo al Colle, tuttavia, serve la politica».

Andando avanti sulla e-news, poi, c'è un altro punto in cui Renzi rivendica la difesa di Draghi a Palazzo Chigi, ed è su uno dei nodi in cui si delinea lo scontro politico, ma anche tra vari livelli amministrativi, di queste ore, ossia la scuola. Notoriamente, il Presidente del Consiglio sta tenendo il punto sulla didattica in presenza. «Chi cavalca la paura per tenere chiuse le scuole - scrive Renzi - fa un pessimo servizio ai nostri ragazzi e concorre a rafforzare il messaggio per cui in questo Paese la prima attività che va chiusa e l'ultima che va riaperta è sempre la scuola. Questo messaggio - spiega l'ex premier - è devastante nella sua negatività. Senza scuola stiamo rinunciando alla funzione più importante di una comunità, la funzione educativa. È ingiusto (...) Bisogna tenere aperte le scuole».

Questo, dunque, l'appoggio alla linea governativa del Presidente del Consiglio. Ovvio, quanto più si dissolvono le condizioni di un largo accordo per il Colle, tanto più il ruolo di Renzi diventa irrinunciabile. Lo sa bene Silvio Berlusconi, che nella sua contabilità per sforare quota 505 alla quarta votazione, oltre che all'area degli ex pentastellati vaganti nel misto, tra componenti di nuovo conio o senza, guarda a quella di centro, Italia Viva in particolare. «Non vedo Silvio Berlusconi da sette anni, da quando ruppe su Mattarella», scrive ancora sulla e-news, per cercare di fugare ogni scenario, così come l'altra sera, a In Onda su La7, ha definito «non plausibile» l'ipotesi che il leader di Forza Italia al Colle. E però, sempre ieri, il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, parlando del pallottoliere, ha affermato: «Bisognerà vedere cosa farà Renzi». E certo non è peregrino immaginare, molti lo danno per certo, che la linea Arcore-Rignano questi giorni torni a riaccendersi.

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