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Spaccatura nel governo sul super green pass a lavoro. Lega e M5S dicono no, Mario Draghi tira dritto

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Tante le sfide che attendono l’esecutivo e i partiti a gennaio. La priorità è contenere l’avanzata di Omicron e il diffondersi di Delta, la variante più pericolosa. Il governo ha già varato una stretta anti-Covid che partirà dal 10 gennaio - da oggi in vigore le nuove regole sulla quarantena - ma si va verso l’estensione dell’obbligo del super green pass sui luoghi di lavoro. È questa la strada, non quindi l’obbligo vaccinale, che dovrebbe essere intrapresa. Restano le resistenze della Lega e di chi, anche nel Movimento 5 stelle, ritiene che non sia questo lo strumento più efficace da adottare. Ma il presidente del Consiglio Mario Draghi (che ha passato il Capodanno a Città della Pieve) tira dritto: la data cerchiata in rosso è quella del 5 quando il Consiglio dei ministri dovrebbe tornare a riunirsi per valutare ulteriori misure. 

 

 

In Italia continua il balzo in avanti dei contagi, da lunedì entreranno in zona gialla Lazio, Lombardia, Piemonte e Sicilia che si aggiungeranno a Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Veneto e alle province autonome di Bolzano e Trento. Il numero dei positivi ha superato il milione, oggi si sono aggiunte altre 141.262 persone, con un tasso di positività arrivato al 13%. (1.297 i pazienti in terapia intensiva, 37 in più rispetto a ieri). Ed è allarme anche per la riapertura delle scuole, il tentativo delle regioni e del governo (in primis del premier Draghi) è comunque quello di garantire la ripresa dell’attività in presenza (con due contagi in classe andranno in Dad i non vaccinati). 

 

 

Inoltre, l’esecutivo è al lavoro su un nuovo scostamento di bilancio per concedere ristori alle categorie penalizzate e i partiti sono in pressing, anche alla luce del caro bollette. Ma sul tavolo della politica e, indirettamente, del governo c’è anche un altro dossier, di sicuro quello più spinoso, quello dell’elezione del presidente della Repubblica. L’obiettivo è cercare di non permettere che il voto crei un blackout e la scompaginazione della maggioranza. Il premier Draghi è fermo alle parole pronunciate in conferenza stampa del 22 dicembre durante la quale si è definito «un nonno» al servizio delle istituzioni. Non una vera e propria autocandidatura ma il messaggio è stato chiaro: nessuna divisione, serve un accordo largo. Ma tessere la tela per raggiungere un’eventuale intesa nelle prime tre votazioni resta alquanto complicato. E neanche i contatti tra i leader che ci sarebbero stati per i consueti auguri per le feste al momento registrano passi in avanti. 

 

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