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Per il centrodestra è ora di tornare coalizione. Non si può stare un po' al governo e un po' fuori

Francesco Storace
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Se oggi ci fosse una piazza di destra, i pochi che la riempirebbero travolgerebbero di fischi i leader. Perché se un popolo soffre maledettamente l’esito delle elezioni non è certo colpa degli elettori. Alle urne ci vanno se c’è entusiasmo, se ne vale la pena. Altrimenti restano a casa.

 

E qui sta il punto per tutto il centrodestra. Anzi, per Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini in ordine alfabetico. Devono decidere una volta per tutte che cosa fare da grandi. 

Non ci si può più dividere – se vogliono governare l’Italia da qui alle prossime politiche – tra chi sta all’opposizione come Fdi, chi sta un po’ all’opposizione e un po’ in maggioranza come la Lega e chi sta in maggioranza più del Pd come Forza Italia. È tempo di stabilire se è una coalizione o no.

 

Se gli elettori stanno a casa è anche perché non vedono una coalizione unita. La confusione la crea questo tipo di politica. Nessuno ha totalmente ragione e nessuno ha completamente torto. Ora cerchino di avere ragione tutti e tre assieme.

Ad esempio, su Mario Draghi. O è leader o è bersaglio. Ad esempio: è lui che deve andare al Quirinale oppure deve restare dove sta? Sono capaci di decidere insieme questa cosetta?

 

La stessa "partita" del Covid è stata disputata in maniera sciagurata dal centrodestra. Quella che prima – col governo Conte – era una posizione caricaturale del centrosinistra alleato con i grillini, ora diventa incredibile proprio col centrodestra. Tutti hanno detto sì alla campagna vaccinale, poi c’era chi dava dei malati di mente a chi non seguiva l’indicazione, si litigava sul green pass, non ci si capiva più nulla. Chi vuole governare ha il dovere di dire – unitariamente – che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. E si tolgano dalla testa l’alibi del «non siamo un partito unico». Perché questi non sono elementi di dettaglio nella politica di una Nazione che voglia rendere sicuri i cittadini.

Dice Marcello Pera, più in generale, ma con una saggezza che non fa una grinza: «Il centrodestra deve decidere cos’è, carne, pesce o cous-cous...».

Se si perde ovunque, non basta qualche comune a fare contenti gli elettori di tutta Italia. A sinistra potrebbe riaffiorare la tendenza a modificare in senso proporzionale la legge elettorale. Restare insieme o dirsi addio sta per diventare una scelta da prendere rapidamente.

 

Poi, non ci si faccia più mettere sotto su fascismo e antifascismo, che la sinistra lo fa da settant’anni e non ci si deve cascare. Bisogna dettare un’agenda per l’Italia, piuttosto, lanciare il manifesto della democrazia e dei valori non negoziabili, organizzare gli intellettuali che nessuno si fila, uscire dall’autoreferenzialità di leader capaci di trastullarsi sui sondaggi nel giorno della sconfitta, oppure di dire agli alleati – in una giornata come quella di ieri - vinciamo se comandiamo noi e non voi.

L’astensione, in realtà, ha punito tutti. E allora si pensi ad un radicamento territoriale costruito con serietà e non per cerchi magici. Se sei la prima coalizione nei sondaggi, candidi politici, bandiere e non sconosciuti.

Così come non si può dire che Roberto Gualtieri vince con solo il 25% dei voti dei romani. Perché dopo ti si chiede della mancata candidatura di uno che valesse il 25... E se vuoi giocare per forza la partita civica, se hai Albertini e Bertolaso a disposizione non li fai scappare via.

È fondamentale costruire leadership territoriali per combattere l’astensione e coltivare un rapporto duraturo con le categorie economiche locali. A Roma c’è il caso esemplare di Nicola Franco: è di Fdi, benvoluto da tutti, ha vinto nell’estrema periferia la battaglia per il municipio, unico nel centrodestra cittadino. I leader territoriali non si impongono, ma si fanno crescere laddove sono popolari.
Insomma c’è bisogno di un centrodestra che ritrovi se stessa, un’identità, e che torni a farsi apprezzare unitariamente dagli elettori.

Persino in politica estera bisognerà prima o poi decidere tra americani, russi e Unione europea...

Poi smettano di litigare... a furia di parlare di premiership restano le macerie. E sui social li sostengono i follower in una gara senza fine. Ma gli elettori se ne vanno e non votano più. Tornate a guardare in faccia le persone, per favore.

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