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A sinistra scoppia la rissa per il seggio di Gualtieri

Carlantonio Solimene
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Roberto Gualtieri avrebbe una carta decisiva da giocarsi al ballottaggio. Ma tra veti incrociati ed endorsement bloccati, rischia di non poterla estrarre dal mazzo.

Trattasi del seggio di deputato che il candidato sindaco del centrosinistra dovrebbe lasciare se fosse eletto al Campidoglio e che verrebbe assegnato nel giro di qualche mese attraverso le elezioni suppletive nel collegio di Roma centro. Una poltrona di fatto blindata per la sinistra, basti pensare che lo stesso Gualtieri se l’era accaparrata dopo le dimissioni di Gentiloni (cooptato nella Commissione europea) con un ragguardevole 62%. Di fatto, una formalità.
Ebbene, negli scorsi mesi lo schema sembrava già fatto. Quel seggio sarebbe andato a Giuseppe Conte come contropartita dell’endorsement che il capo politico del Movimento 5 stelle avrebbe dovuto dare al suo ex ministro dell’Economia dopo l’esclusione della Raggi al primo turno. Un posto sicuro, a differenza di quel Roma Primavalle a cui l’«avvocato del popolo» aveva rinunciato considerandolo una trappola (ma poi vinto dal Pd Andrea Casu).

Fin qui la teoria. La pratica, però, si è dimostrata assai più complessa. Perché il 19,1% ottenuto alle elezioni romane dalla sindaca uscente, benché l’abbia collocata solo al quarto posto nella competizione, sta rappresentando per la Raggi il trampolino di lancio per lanciarsi nell’agone nazionale del Movimento e interpretare la linea opposta a quella di Conte. Laddove il capo politico sogna un accordo con il Pd, l’ormai ex sindaca predica il «né con la destra né con la sinistra» di matrice dibattistiana. E Conte, per non inimicarsi l’ala ortodossa, ha rinunciato all’endorsement chiaro a favore di Gualtieri, limitandosi a qualche generico attestato di stima.

In questa impasse si sono inseriti Renzi e Calenda. Che, riprendendo un’idea lanciata su Repubblica dall’editorialista Stefano Folli, hanno proposto di candidare per quel seggio l’ex segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli. L’ipotesi, ha insistito il leader di Italia viva, servirebbe anche per rafforzare quel «nuovo Ulivo» lanciato da Letta.

Peccato che dell’Ulivo vecchio l’ipotetico nuovo raggruppamento per adesso abbia solo le liti. L’ipotesi Bentivogli, infatti, non piace ai grillini, che sognano di ereditare il seggio di Gualtieri nonostante all’epoca dell’elezione alla Camera dell’ex ministro dell’Economia, nel marzo 2020, abbiano preso in quell’area appena 1.400 voti, pari a poco più del 4%.

Un piccolo rebus nel quale, stando agli ultimi rumor, sarebbe pronta a inserirsi Virginia Raggi. Sono pochi, infatti, a pensare che l’ex sindaca sia disponibile a recitare, nell’immediato futuro, il semplice ruolo di consigliera d’opposizione al Campidoglio. E così come è riuscita a «imporre» la sua ricandidatura da prima cittadina al Movimento, potrebbe giocare d’anticipo e approfittare dell’impasse per giocarsi le sue chance di entrare alla Camera. Uno scenario che finirebbe per terremotare ulteriormente un’intesa politica - quella tra sinistra e grillini - che finora esiste molto di più nei progetti dei leader che nelle sensibilità dei rispettivi elettorati.

Ma perché il seggio di Roma centro è così determinante? Non tanto - o non solo - per le residue mensilità di stipendio da parlamentare che garantirebbe fino al termine della legislatura. Ma anche perché, calendario alla mano, le elezioni dovrebbero tenersi giusto in tempo per partecipare nel ruolo di grande elettore alla partita del Quirinale. Per Conte, insomma, sarebbe fondamentale dirigere da vicino le danze dei suoi riottosi gruppi parlamentari. Senza contare che l’ex premier, dopo le batoste rimediate alle Amministrative, ha bisogno come il pane di un successo elettorale da intestarsi. Senza l’endorsement a Gualtieri, però, l’opportunità rischia di sfumare. L’ex ministro dell’Economia resta alla finestra e spera. Così come Bentivogli e Raggi.
 

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