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Mattone indigesto a Draghi. Addio al superbonus edilizio: costa troppo

Filippo Caleri
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La casa non sembra sia la più amata dal governo Draghi. Martedì scorso è arrivata la revisione degli estimi catastali. Che sarà esaurita solo nel 2026 e non comporterà per ora nessun aumento di tassazione. Ma la riforma lascia comunque aperta la possibilità a chi starà a Palazzo Chigi tra 5 anni di spingere il bottone per far partire il rialzo dell’imposizione fiscale. Difficile immaginare che, anche sotto la pressione dell’Europa, chiunque sia non approfitti del superlavoro necessario per rendere più trasparenti i valori del patrimonio immobiliare. Lo schiaffo possibile è per ora solo una carezza. Ma ieri è arrivato il secondo pugno ai proprietari di abitazioni che sulle misure agevolative puntano per aumentare il valore e l’efficienza energetica dei loro immobili. Ebbene il ministro Daniele Franco lo ha messo subito in chiaro ieri in audizione davanti alle commissioni di Camera e Senato sulla nota di aggiornamento al Def: «Il superbonus non è sostenibile nel lungo periodo e quindi non può essere strutturale». Dunque sì alla proroga temporanea, anche per venire incontro alla necessità di dare più tempo per la sua esecuzione visto che per le complicazioni burocratiche la sua partenza è stata un po’ rallentata, ma l’idea che la super agevolazione che consente di effettuare lavori a costo praticamente zero sia resa stabile è praticamente impossibile.

 

 

Il motivo è semplice: il costo della misura è troppo elevato e non è sostenibile a lungo. Anche perché l’obiettivo deve essere il ritorno alla normalità e dopo l’attuale fase espansiva si dovrà tornare a politiche di bilancio più prudenti: «I tassi di interesse non saranno bassi per sempre» ha ricordato il titolare del dicastero di via XX settembre spiegando che «serve prudenza in chi gestisce le politiche nazionali ad avere politiche di bilancio che tengano conto che si investirà a tassi più alti nel futuro». E proprio provvedimenti come il superbonus sono difficili da coprire negli anni a venire. La misura ha «un costo stratosferico» e va considerato che «se lo Stato paga integralmente o più che integralmente la spesa l’effetto sui conti e sul debito è serio» ha spiegato Franco. Certo, c’è un effetto positivo sull’andamento dell’Economia ma «bisogna tenere a mente che il settore non può crescere a dismisura o come spesso accade si rischia poi di creare bolle». Per ora l’estensione al 2023 però dovrebbe essere assicurata in legge di bilancio: in tal senso la maggioranza, nella risoluzione alla Nadef, vuole impegnare il governo. Una proroga di un anno che «è una necessità», ha detto il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, spiegando che «non ha molto senso che ci sia una misura di quel tipo in eterno» ma serve «un sistema di incentivi coordinato e ordinato per gli interventi sugli immobili».

 

 

Sorte più incerta per il cashback introdotto lo scorso anno dal governo Conte e congelato da Draghi. «E uno strumento che è stato molto importante per muovere verso i pagamenti elettronici e contenere l’evasione, ma c’è un’analisi costi-benefici da fare, nel prorogarla bisogna valutare gli uni e gli altri - ha avvisato l’ex ragioniere di Stato - Può essere che servano aggiustamenti ma è stata una misura importante, non la vedo come strutturale. Bisogna vedere se siamo arrivati al punto da raggiungere o serve un altro utilizzo». E pure sulla rottamazione e una nuova diluizione delle cartelle esattoriali il ministro ha alzato il cartellino giallo: «Siamo valutando se qualche ulteriore spalmatura degli oneri fiscali possa essere considerata» ma «bisogna muovere gradualmente verso una situazione di normalità in cui famiglie e imprese pagano le cartelle, possiamo di nuovo smussare e diluire ma bisogna tornare alla normalità».

 

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