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Governo in ritardo sul Recovery ma l'Europa paga lo stesso

Domenico Alcamo
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Oramai è questione di giorni e l’Italia otterrà la prima tranche di risorse del Recovery Fund. Soldi freschi che andranno ad alimentare la progettualità sancita dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Attorno cui si snodano, già, le esultanze bipartisan. Così come è stato per il primo scoglio superato, ovvero la riforma parziale del processo penale, dove l’acceleratore dei giudizi di Appello e Cassazione ha sancito un serio passo in avanti verso l’obiettivo di riduzione dei tempi dei processi. Solo che il cronoprogramma corre, la tabella di marcia è assai serrata e vede un certo affanno. 
Entro luglio, infatti, secondo le tappe fissate dal governo italiano in sede europea, avrebbero dovuto essere approvati altri due snodi importanti. Il primo è la riforma fiscale, il secondo è la legge annuale sulla concorrenza. Per entrambe, esistono delle diversità di vedute all’interno della maggioranza. Che appaiono più marcate, senz’altro, per quanto riguarda il sistema di tasse. Ma anche la legge annuale sulla concorrenza presenta delle criticità, se si pensa che questo passaggio dovrebbe mettere sul tavolo la direttiva Bolkestein con tutto ciò che consegue per le concessioni balneari (e il tema, proprio in settimane di campagne elettorali, non è certamente balsamo per la maggioranza di unità nazionale). Sul tema delle tasse, invece, il ddl dovrebbe riprendere quanto raccolto dall’indagine conoscitiva delle Commissioni Finanze di Camera e Senato sull’Irpef. Dunque fari puntati sull’alleggerimento dell’Irap e Irpef, oltre ad un intervento per sforbiciare i microbalzelli. Altra questione, poi, le agevolazione per imprese condotte da giovani e donne. Solo che c’è un tema di coperture per tutta l’operazione, i soldi nella stiva possono coprire all’incirca il 10% e ci troviamo di fronte ad una maggioranza che possiede due filosofie praticamente opposte in merito. La sinistra, Pd in testa, che evoca patrimoniali e tasse sulle eredità. Il centrodestra schierato ovviamente a difesa della proprietà privata e della libera impresa e del comparto professionale. Ancor più a seguito dell’ultima indagine della Cgia di Mestre, che ha quantificato come, di riflesso alla pandemia, ben 8 posti perduti su 10 riguardano gli autonomi. Dunque l’agenda di settembre si rivelerà particolarmente complessa e la risoluzione del groviglio sarà demandata alla capacità di mediazione e al decisionismo del Presidente del Consiglio Draghi, come è avvenuto fin qui per tutti i nodi più complessi. Che, però, non sono finiti. Se si va a scandire la tabella di marcia per il Recovery, infatti, molti sono i passaggi delicati, dove potrebbe innescarsi da un lato il solco che divide i due tronconi su cui è formato il governo, dall’altro l’autoconservazione delle categorie coinvolte. E così qualche punto critico potrebbe arrivare dalle normative la cui approvazione è programmata entro fine anno. La riforma della giustizia tributaria, ad esempio, ma anche ka rufirna del sistema reclutamento degli insegnanti e dell’insolvenza. Per non parlare, poi, di quel nodo che ha rappresentato la tomba delle buone intenzioni per stuoli di governi, ossia la spending review.
 

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