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Draghi ipnotizza Conte: nell'incontro Giuseppi non ottiene nulla

Dario Borriello
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Quasi un'ora di colloquio, occhi negli occhi, da premier a ex premier. L'esordio di Giuseppe Conte leader M5S avviene proprio nel luogo dove si era interrotta la sua esperienza istituzionale: Palazzo Chigi. Non incontrava Mario Draghi vis-à-vis dalla cerimonia della campanella, nel febbraio scorso. Nel frattempo ne è passata di acqua sotto i ponti, per entrambi, ma il confronto si è reso urgente per parlare di riforma della giustizia vergata dalla Guardasigilli, Marta Cartabia, che a un pezzo di Cinquestelle proprio non è piaciuta.

 

Chi si aspettava fuochi d'artificio, però, sarà rimasto deluso. Conte usa toni pacati e molto concilianti, sia con il suo successore sia con i cronisti che lo attendono all'uscita da Chigi: «È stato un incontro proficuo, molto cordiale. Ho assicurato il contributo e l'atteggiamento positivo del Movimento, che si era già distinto e aveva lavorato per l'accelerazione dei processi», dice l'ex premier. Che lascia la «sciabola» nel fodero: «Anche durante il percorso parlamentare daremo il nostro contributo per migliorare e velocizzare i processi - spiega - però ho ribadito è che saremo molto vigili nello scongiurare che si creino soglie di impunità». Il riferimento è alla prescrizione, ma se ne discuterà in Parlamento, dove Conte non ci sarà. «Non mi candido alle suppletive, la politica è dappertutto, non solo a Montecitorio».

Difficile ipotizzare, dunque, un voto di fiducia, anche se lo stesso ex premier conferma che il governo ha fretta di chiudere la partita: «I tempi stanno molto a cuore, ma mi rimetto alla dialettica parlamentare per delle soluzioni che non siano ideologicamente convincenti ma tecnicamente sostenibili». Il messaggio è rivolto anche agli «alleati», Matteo Salvini in primis, che nel frattempo punzecchia ancora M5S e Pd: «Conte e Letta fanno i capricci, spero che l'esecutivo non rischi, perché non mettono in discussione la riforma Cartabia o Draghi, ma il buon utilizzo di 200 miliardi di fondi europei». Il segretario della Lega è categorico: «Per quello che ci riguarda, della riforma non si tocca neanche una virgola».

 

La risposta del leader pentastellato non tarda: «Io per primo dico di mettere via bandierine e ideologie, dobbiamo parlare agli italiani assicurando tempi certi della giustizia ma allo stesso tempo garantire i diritti delle vittime: non possiamo assolutamente correre il rischio che si creino le condizioni perché possano svanire nel nulla i processi. E queste devono valutazioni che devono riguardare tutte le forze politiche». Anche la ministra della Giustizia torna a parlare della sua riforma, definendola più come una «mediazione Cartabia, frutto di una responsabilità condivisa», a cui «hanno partecipato e dato il loro contributo tutti i protagonisti politici della maggioranza, nessuno escluso. E tutti lo hanno approvato nel Consiglio dei ministri». Inoltre, ricorda che «il Pnrr europeo chiede imperiosamente interventi di riforma della giustizia», ma sottolinea che ora il testo è «nelle mani del Parlamento», mentre il governo «è al lavoro sulle risorse».

Tutti segnali che, almeno per il Pd, vanno nella direzione giusta. «Ho letto che l'incontro tra Conte e Draghi è stato positivo e io me ne rallegro, perché sono convinto che la riforma della giustizia vada portata avanti e approvata rapidamente», esulta Enrico Letta. «Il nostro auspicio - ribadisce il segretario del Pd quello di una approvazione rapida di una buona riforma, come quella che la ministra Cartabia ha portato avanti». Parlamento permettendo, ovviamente.

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