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Non fai il vaccino? Niente paga. La minaccia di Confindustria ai lavoratori

Gianfranco Ferroni
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C'è il blocco dei licenziamenti? E Confindustria agita il green pass per cacciare i lavoratori. In una lettera firmata da Francesca Mariotti, direttore generale della confederazione guidata Carlo Bonomi, si legge che «il quadro pandemico torna a registrare in questi giorni un incremento dei contagi, associato al diffondersi, in Europa e in Italia, di varianti del virus particolarmente aggressive. Gli strumenti di contenimento della pandemia più evoluti - in primis la vaccinazione - risulteranno fondamentali per evitare la reintroduzione di misure restrittive delle libertà personali e per lo svolgimento delle attività economiche».

 

Fin qui sembra la classica nota dell'ufficio studi, anodina, che illustra la situazione del Paese. Ma è solo un modo per "prendere alla lontana" l'argomento, ovvero i licenziamenti. E così si continua: «Nonostante la campagna vaccinale nazionale abbia registrato finora un buon andamento, numerose imprese associate hanno segnalato la presenza di percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid19, esponendo di fatto ad un maggior rischio di contrarre il virus se stessi e la pluralità di soggetti con cui, direttamente o indirettamente, entrano in contatto condividendo in maniera continuativa gli ambienti di lavoro». Chi ha letto con attenzione il testo fino a questo punto quasi quasi elogia il contenuto della lettera, credendo nell'atteggiamento premuroso di Confindustria, ma si sbaglia di grosso perché subito dopo parte l'attacco ai dipendenti non vaccinati: «Al fine di tutelare tutti i lavoratori e lo svolgimento dei processi produttivi nel pieno rispetto delle libertà individuali, Confindustria ha proposto l'estensione dell'utilizzo delle certificazioni verdi - cd. green pass - per accedere ai contesti aziendali/lavoristici, avviando interlocuzioni con il governo ai fini di una soluzione normativa in tal senso». E «l'intento è quello di consentire ai datori di lavoro di richiedere l'esibizione di una certificazione verde valida ai fini di regolare l'ingresso nei luoghi di lavoro e/o lo svolgimento delle mansioni lavorative dei vari soggetti».

 

Allora qual è l'obiettivo? «La posizione assunta da Confindustria è che l'esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro. In diretta conseguenza di de), il datore, ove possibile, potrebbe attribuire al lavoratore mansioni diverse da quelle normalmente esercitate, erogando la relativa retribuzione; qualora ciò non fosse possibile, il datore dovrebbe poter non ammettere il soggetto al lavoro, con sospensione della retribuzione in caso di allontanamento dell'azienda».

Visto quello che scrive Confindustria, più che green pass è meglio definirla come una "tessera del pane", poiché che se non ce l'hai ti buttano in mezzo alla strada. Ammantando anche di etica la vaccinazione, parlando di «diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro». Infine, alla faccia della meritocrazia, farà carriera il cretino solo perché munito di un green pass. Chissà se il ministro del Lavoro Andrea Orlando lo sa...

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