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È Giuseppe Conte il primo licenziato. Beppe Grillo se ne sbarazza e rilancia il vecchio Movimento 5 Stelle

Dario Martini
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Beppe Grillo aspetta 24 ore. Un silenzio sempre più pesante col passare delle ore. Poi, alle 17,30 di ieri, pubblica sul suo blog il benservito a Giuseppe Conte. Se qualcuno pensava che ci fosse ancora spazio per una mediazione si sbagliava di grosso. L’ex premier aveva detto che non avrebbe fatto «il prestanome di un leader ombra». Grillo gli toglie ogni dubbio. La risposta si può riassumere così: grazie, di te non ho più bisogno. Ancor prima di leggere il testo, il messaggio è forte e chiaro già nella foto del post, dove si vede la faccia del garante nascosta da una selva di pagine marchiate dalla parola «BOZZA». È il nuovo statuto che Conte avrebbe voluto far adottare ai grillini. Lo strumento che avrebbe dovuto consegnargli su un piatto d’argento il MoVimento creato da Grillo con Gianroberto Casaleggio.

Il fondatore non lascia spazi a dubbi. Colpisce duro: «Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema - scrive Grillo - Il consenso è solo l’effetto delle vere cause, l’immagine che si proietta sullo specchio. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici (idee, progetti, visione) e i problemi organizzativi (merito, competenza, valori e rimanere movimento decentralizzato, ma efficiente). E Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Queste ultime parole sono una condanna tombale del futuro dell’ex avvocato del popolo all’interno del M5s. Non solo una bocciatura di visioni, ma anche personale. Se Grillo pensa davvero che Conte sia un incapace, resta da capire per quale motivo abbia aspettato tutto questo tempo prima di sbarazzarsene. Anche perché, come ha raccontato lo stesso Conte il giorno prima, negli ultimi mesi si sono sentiti più volte. Hanno tenuto in piedi un filo diretto continuo. L’ex presidente del Consiglio si è comportato, di fatto, come il vero capo politico del MoVimento. Fino a ieri. Quando Grillo gli ha spiegato che se «uno vale uno», c’è uno che vale più degli altri.

 

 

Il garante non può accettare che il M5s rinneghi le sue origini, che cambi la sua natura per diventare un’altra cosa. «Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco - spiega sul suo blog - Le organizzazioni orizzontali come la nostra per risolvere i problemi non possono farlo delegando a una persona la soluzione perché non sarebbero in grado di interiorizzarla quella soluzione e di applicarla, ma deve essere avviato un processo opposto: fare in modo che la soluzione decisa, in modo condiviso, venga interiorizzata con una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti e non di una sola persona. La trasformazione vera di una organizzazione come la nostra avviene solo così». Ecco, allora, che Grillo indica la nuova strada da percorrere, annunciando una consultazione riservata agli iscritti sulla piattaforma Rousseau (tanto osteggiata da Conte) per l’elezione del Comitato direttivo (c’è già un candidato, Nicola Morra). Sarà questo organismo ad «elaborare un piano di azione da qui al 2023. Qualcosa di concreto, indicando obiettivi, risorse, tempi, modalità di partecipazione vera e, soprattutto, concordando una visione a lungo termine, al 2050». Il fondatore fa sapere anche di aver chiamato direttamente Davide Casaleggio, per consentire lo svolgimento della consultazione. E lui ha accettato. È un altro schiaffo in pieno volto all’avvocato di Volturara Appula, che negli ultimi mesi aveva condotto un’aspra battaglia proprio contro Casaleggio per toglierli la gestione degli iscritti. Grillo spiega che la scelta di ricorrere a Rousseau era inevitabile. Perché «il voto su qualsiasi altra piattaforma esporrebbe il Movimento a ricorsi in Tribunale per la sua invalidazione, essendo previsto nell’attuale statuto che gli strumenti informatici attraverso i quali l’associazione si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti sono quelli di cui alla Piattaforma Rousseau (art. 1), e che la verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti sono effettuati in via automatica dal sistema informatico della medesima Piattaforma Rousseau (artt. 4 e 6)».

 


Il lungo articolo pubblicato sul blog è anche un avviso esplicito ai parlamentari che si sarebbero fatti abbindolare dai presunti poteri taumaturgici di Conte. Grillo lo spiega così: «Mi sento come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di poter avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che dia l’illusione (almeno per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo (...) C’è un però. Assumersi la responsabilità significa smettere di drogarsi, smettere di voler creare l’illusione di una realtà diversa da quella attuale ed affrontarla. Insieme, con i tempi e le modalità giuste. Come una famiglia, come una comunità che impara dagli errori e si mette in gioco senza rincorrere falsi miti, illusioni o principi azzurri che possano salvarla».

A questo punto, bisognerà capire chi intenderà restare in questa famiglia. O preferirà lasciare la casa in cui è cresciuto, magari per seguire Conte in una nuova avventura politica. L’ex premier, nella conferenza del giorno prima, ha assicurato di non avere un piano B. Ma ha anche aggiunto che, nel caso in cui le cose con Grillo non fossero andate in porto, avrebbe «valutato cosa fare». Facendo capire che non ha alcuna intenzione di rinunciare alla politica. A chi lo ha sentito, raccontano diverse fonti all’Adnkronos, non ha nascosto l’amarezza per la decisione di Grillo «di fare il padre padrone» del MoVimento, proprio quello che lo aveva invitato a non fare.

 

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