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Draghi lasci in pace la Rai. Così vuole spegnere la tv di tutti

Francesco Storace
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Sulla Rai Mario Draghi ha pessimi consiglieri. Se invece come dicono altri, non ne ha e decide di testa sua, è ancora peggio. Perché il premier pare aver ingaggiato un braccio di ferro con i partiti. Ad ognuno, quando accetta di parlare del dossier Rai, dice una cosa diversa sulle sue idee su presidente e amministratore delegato dell’azienda. Ma così rischia di andare a sbattere contro l’ostacolo dei due terzi dei voti necessari in commissione di vigilanza per ratificare la scelta del presidente della concessionaria.

 

I partiti non sono disponibili a donazioni di sangue, la Rai parla agli italiani e il pluralismo è fondamentale per fare la propria parte con l’equilibrio che è necessario per l’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo. Anche perché il popolo paga un canone e nessuno vuole trasformare la Rai in proprietà del presidente del Consiglio. Si parla di ossessione di Draghi per nominare donne ed esterni all’azienda. Come se fosse formata da incapaci. E questo non va bene, ma gli sforzi per trovare una quadra stanno diventando imponenti: sono stati congedati dal ministro dell’Economia persino i cacciatori di teste. A Draghi sarebbe piaciuto piazzare Ferruccio De Bortoli alla presidenza. Ma lui non accetta. Da una parte per problemi personali; e poi perché sa che avrebbe vita dura in vigilanza Rai e per i legami con La7. L’iter per le nomine di parte governativa prevede una deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta dell’Economia per i ruoli apicali. Poi la vigilanza per il solo presidente. Le altre quattro nomine del Cda le decidono le assemblee di Camera e Senato. Se non ci si sbriga nell’assemblea dei soci già slittata a metà luglio, si rischia di prorogare l’attuale vertice Rai fino ad ottobre, e sarebbe davvero incredibile. Meglio trattare, sia nel caso di soluzioni esterne che interne. E anche nel rispetto dei generi.

 

Nella testa di Draghi i nomi per l’amministratore sono diversi e tutti femminili. In prima fila Laura Cioli con le sue esperienze editoriali, dal gruppo Repubblica al Corriere a Sky. Curriculum manageriale di livello, e forse meglio posizionata per le relazioni con il premier, quello di Patrizia Grieco, presidente del Monte dei Paschi di Siena e prima ancora all’Enel. All’interno dell’azienda, però, non mancano le professionalità di livello a partire da Marcello Ciannamea e Paolo Del Brocco. Il primo, con l’apprezzamento di larga parte del mondo politico e aziendale, il secondo sostenuto più che altro da un pezzo di sinistra del Pd. Entrambi considerati però di valore. Per la presidenza della Rai, dopo la carta De Bortoli, Draghi si è messo in testa Milena Gabanelli, operazione piuttosto ardita con le regole della vigilanza Rai. Tanto più che si tratta di una «casella» su cui vorrebbe anche una sorta di concerto col Colle. E da lì potrebbe anche uscire il nome dell’ex direttore generale Mauro Masi. O interni come la già presidente Monica Maggioni o Antonio Di Bella.

 

Comunque, una situazione per la quale non si riesce a venire a capo se Draghi si impunta su pretese che rischiano di non avere riscontro nella discussione – necessaria, obbligata dopo la riforma Renzi della Rai – con i partiti. Se fosse vero il contrario, Draghi avrebbe già deciso tutto di testa sua come per i vertici delle Ferrovie e di Cassa Depositi e Prestiti. Ritardi ci sono anche a livello parlamentare, perché i presidenti delle Camere, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, non hanno ancora convocato le assemblee di Montecitorio e Palazzo Madama. A bocce ferme, la vecchia maggioranza del Conte 2 dovrebbe eleggere due consiglieri espressione di Pd e Cinque stelle; al centrodestra altri due, ma i partiti sono tre, Lega Forza Italia e FdI. È evidente che Draghi dovrà tener conto degli equilibri parlamentari per evitare esclusioni importanti tra le forze della sua maggioranza o anche quella dell’opposizione. Se il premier chiedesse ai partiti di sbrogliare la matassa, probabilmente porterebbe più facilmente a casa la soluzione, magari limitandosi a pretendere una proposta di nomi di livello. Già fa caldo per il clima, serve a poco incendiare anche la politica per la Rai. 
 

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