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Pd, "ius soli entro fine legislatura". Perché i dem sono fuori dalla realtà

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Andrea Amata
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Il Partito democratico, in una coazione a ripetere, intraprende traiettorie che la divaricano sempre di più dalla realtà pur di appagare quell’istinto ideologico da cui non riesce ad emanciparsi. Lo tsunami pandemico ha travolto la nostra economia, provocando lo smottamento di 10 punti percentuali di Pil, eroso quote di occupazione e sfibrato la tenuta psicologica del Paese, ma per il Pd la priorità è sventagliare la bandiera dello ius soli, camuffando la concessione facile della cittadinanza come un trionfo mentre sarebbe la premessa per attivare flussi migratori di intensità parossistica verso i nostri confini. Il neo responsabile dell’Immigrazione dei Dem, Matteo Mauri, in una intervista rilasciata nei giorni scorsi al giornale (La Repubblica) fondato da Eugenio Scalfari, dichiara apertamente che l’obiettivo dello ius soli va conseguito entro la fine della legislatura.

Una volta il termine sinistra evocava il tema del lavoro, mentre oggi appare ossessionata dalla “manodopera” elettorale ed essendo una risorsa sempre più scarsa dentro i confini nazionali pensa di approvvigionarsene fra gli stranieri da naturalizzare. La cittadinanza non può diventare un automatismo, ma la consacrazione di un percorso di autentica integrazione. Inoltre, i dati sul conferimento della cittadinanza ci pongono sopra la media Ue, documentando un primato che rende futili le velleità innovative sulla normativa che regola il procedimento per il conseguimento del titolo di cittadino.

Gli ultimi dati disponibili del 2019, pubblicati da Eurostat, ci informano che su 706 mila persone, naturalizzate fra gli Stati membri della Ue, 127 mila nuove cittadinanze sono state concesse dall’Italia, seguita dalla Francia (109 mila), Spagna (99 mila) e Svezia (64 mila). Solo la Germania ci precede con 132 mila conferimenti. I numeri confermano che non esiste l’impellenza di semplificare i requisiti per acquisire la cittadinanza, detenendo un livello di attribuzione dello status di cittadino fra i più alti in Europa.

L’impianto ideologico del Pd continua ad imporsi sull’agenda politica che dovrebbe includere tematiche più attuali e più vicine alle necessità della popolazione, soprattutto nella fase in corso che è subissata dalle “macerie sociali” ancora fumanti che richiedono massicci interventi di sostegno per rialzare le fasce della popolazione più colpite dalla crisi.

Nell’intervista menzionata l’esponente dei Dem immagina la convergenza delle forze politiche coalizzate nel Conte 2, sacrificando la stabilità di governo pur di issare sul Parlamento il vessillo della cittadinanza facile. La sinistra blatera di ius soli “temperato” e ius culturae, subordinando la concessione della cittadinanza a criteri sempre più flessibili, per mascherare il progetto dell’automatismo che provocherebbe un'attrazione imponente dei flussi migratori, persuasi ad orientarsi in massa sui nostri confini pur di giovarsi dei vantaggi connessi all’ottenimento accelerato della cittadinanza. Il segretario democratico Enrico Letta ci ha abituato a proposte anacronistiche, avulse dalla contemporaneità che è logorata da 16 mesi di Covid, come l'introduzione di nuove tasse, il voto ai sedicenni e l'insistenza sullo ius soli.

Intanto, il Parlamento in Danimarca ha approvato una legge, su impulso del governo socialdemocratico guidato da Matte Frederiksen, che dispone l'istruttoria e la lavorazione delle richieste di asilo in un “Paese terzo”. Dunque, per la sinistra scandinava i confini sono sacri e inviolabili. Mentre, il progressismo italico pare dissociato dalla realtà e pervicacemente vincolato ai dogmi di un’accoglienza aliena ai canoni della sostenibilità.

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