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Scambiate le tombe dei figli al cimitero? Piangeteli a casa

Franco Bechis
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Non c’era il loro figlioletto nato morto tanti anni fa sotto la croce nel cimitero di Pozzuoli per un errore compiuto dagli operatori cimiteriali, che hanno seppellito lì sotto la stessa croce, la numero 57, il bambino nato morto di un’altra coppia per errore. Ma ai genitori privati della tomba del loro piccolino non è dovuto alcun risarcimento, perché il culto dei defunti si può onorare con preghiere e ricordi indipendentemente da chi sotto terra è effettivamente seppellito.

È l’incredibile sentenza con cui l’ottava sezione civile della Corte di appello di Napoli ha respinto la causa intentata al cimitero di Pozzuoli da due genitori - Sergio e Anna - che lì avevano seppellito la propria figlioletta nata prematura il 14 luglio del 2003 e purtroppo deceduta poche ore dopo il parto. Il corpicino è stato seppellito appunto sotto la croce n. 57 e i genitori per settimane sono andati a pregare e a portare fiori freschi alla piccolina. Finché un giorno non hanno notato che sotto la croce c’erano altri fiori e hanno conosciuto un’altra mamma che piangeva un'altra piccolina morta subito dopo il parto, sostenendo che lì sotto era seppellita sua figlia.

 

 

 

 

Ne nacque una inchiesta penale avviata dal pm Gloria Sanseverino che stabilì che «alla croce n. 57 era sepolto il cadavere di un altro bambino mentre non erano più presenti i resti della figlia dei coniugi Sergio e Anna, le cui spoglie erano sparite. Tale incresciosa situazione era senza dubbio conseguenza diretta e immediata di un errore esclusivo del personale addetto ai servizi del Cimitero di Pozzuoli...per negligenza, omissioni e gravi superficialità organizzative».

Sergio e Anna in questi 18 anni trascorsi dall'incredibile fatto hanno chiesto un risarcimento al cimitero di Pozzuoli che è stato negato in primo grado e ora in appello. Ma lascia senza fiato la motivazione dell'ultima decisione, dove si sostiene che il sentimento di pietà verso i defunti non è «fra i diritti costituzionalmente tutelati e inviolabili», e non importa che il proprio figlio non sia nella tomba che si stava curando, perché «il sentimento di pietà per i defunti, inteso quale diritto soggettivo degli attori ad esercitare il culto dei propri morti, non è di necessità automaticamente leso in vicende come quella in esame. I genitori infatti potrebbero sempre continuare a praticare i riti tipici del culto dei defunti, contraddistinto da una spiritualità che si esprime in larga parte in preghiere, ricordi, pensieri, commozioni. Detti sentimenti non di necessità debbono mutare sol perché non vi è l'assoluta certezza che nella fossa contrassegnata dal n. 57 o in area cimiteriale vicina a quella fossa vi siano i resti del feto, comunque destinato a rapidissima distruzione per consunzione». La Corte d'appello di Napoli quindi non solo respinge la richiesta di risarcimento danni avanzata dall'avvocato Angelo Pisani (noto per essere stato il legale di Diego Maradona nelle cause con il fisco italiani), ma condanna pure i poveri Sergio e Anna a pagare al Comune di Pozzuoli spese legali per 9.515 euro, «oltre al 15% per rimborso spese forfettarie», quindi in tutto poco meno di 11 mila euro.

Raccontati i fatti non sono ovviamente in grado di giudicare se quel risarcimento danni fosse o meno dovuto ai due poveretti: di istinto direi di sì. Ma davvero viene da non credere ai propri occhi leggendo le motivazioni di questo diniego. Il fondamento della civiltà umana è legato proprio al culto antichissimo dei propri defunti, passando attraverso le Piramidi egizie e il diritto romano del «Parce sepulto». Motivazioni come quelle inserite in questa sentenza sono invece il ritorno indietro di millenni, il segno di una caduta rovinosa di una civiltà umana e giuridica (che ci ha messo la bellezza di 18 anni a prendere una decisione così).

 

 

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