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Borghi stana i nemici delle partite Iva, Pd e M5s contro il sì alle riaperture

Francesco Storace
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Claudio Borghi, deputato della Lega, li ha chiamati allo scoperto con un po’ di suoi colleghi di partito a Montecitorio. E i nemici delle partite Iva sono usciti allo scoperto. Sono facilmente riconoscibili: indossano le casacche del Pd e 5 stelle.

 

 

 

Costoro sono riusciti a bocciare un emendamento assolutamente sensato, su cui si era schierato favorevolmente anche Walter Rizzetto, a nome di Fratelli d’Italia. Ma c’è stato pollice verso ad una norma ragionevolissima. Diceva la proposta della Lega che fino «al 30 aprile 2021, i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, possono disporre l’applicazione delle misure meno restrittive stabilite per la zona gialla o arancione nelle aree e nelle province in cui l’incidenza cumulativa dei contagi è inferiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti». Ovvero, riaprire nelle condizioni consentite dalla situazione sanitaria. Quello che dicono tutti, Draghi compreso, ma bocciato da Pd e Cinque stelle. Si sono messi di traverso quelli che considerano evasori fiscali le partite Iva, i bar, i ristoranti, le palestre, e tutto quanto sa di lavoro autonomo. Emendamento bocciato. Perché lo presentava la Lega? Forse. Perché dava poteri alle regioni, la maggior parte delle quali a guida centrodestra? Possibile. Oppure perché si rischiava di dare respiro ad un blocco sociale avversato proprio dalla sinistra ufficiale – il Pd e Leu – e da quella ufficiosa – i grillini - ? Sicuro.

Del resto, è stato tristemente chiaro Nicola Zingaretti, tornato sfasciacarrozze alla guida della regione Lazio. Per lui nei bar come nelle palestre si fanno «lavoretti». Con i quali però – e lui lo dimentica – mangiano famiglie. Ha detto Matteo Salvini che Zingaretti e soci sono pervasi da una certa «cultura» di sinistra «che vede solo rosso e sembra avere il vizio di punire il lavoro autonomo, di chi non è garantito e subisce i danni maggiori delle chiusure». Del resto sono quelli di concorsopoli, fanno i ministri o i governatori con le modalità del sindaco di Allumiere. Lo stesso Matteo Bonaccini aveva invocato l’applicazione di principi di autonomia, buonsenso e responsabilità. Ma Pd e 5Stelle hanno bocciato l’emendamento leghista, rifiutando così di considerare prioritarie le riaperture.

 

 

 

Eppure, quella proposta era intelligente. Un esempio viene dalla provincia di Piacenza, in cui, nell’attuale fase pandemica, il numero dei contagi è nettamente inferiore a quello di altre aree della stessa regione e dove, pertanto, sarebbe possibile l’adozione di misure meno rigide. Qual è stata l’obiezione ufficiale del Pd in commissione alla spiegazione della leghista Elena Murelli? Se ne è fatta carico la deputata Elena Carnevali. «Ma come, avete votato in Consiglio dei ministri e ora vi ribellate?», ha detto in sostanza. Eppure, il Parlamento ci sta per discutere. E con eleganza lo ha ribattuto proprio Borghi, ma gli orfani di Giuseppe Conte sono quelli che ne applaudivano le dirette facebook a colpi di Dpcm.

Come se nel cosiddetto governo di salvezza nazionale si possano tacitare le voci del Parlamento, il diritto alla discussione, la trasparenza dei voti su un argomento che è oggetto di dibattito nel Paese. Ecco, a tutto questo vorrebbe arrivare la congrega che chiudeva tutto o quasi nel nome di Conte. Ma è bene invece che i cittadini siano messi nella condizione di sapere chi vota cosa. Perché ognuno si prenda la propria responsabilità politica di fronte all’Italia.

 

 

 

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