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La visita di Draghi in Libia, il retroscena clamoroso sul petrolio: l'Opec a Roma?

Gianfranco Ferroni
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L’operazione Libia portata avanti dal premier Mario Draghi non si limita alla rinascita del territorio nord africano più legato, e vicino, all’Italia. I dossier non riguardano solo il petrolio e l’autostrada litoranea, perché ci sono in ballo anche le sorti dello storico fondo sovrano libico, Lia, del fu Gheddafi, una materia davvero ingarbugliata che solo le mani esperte di Draghi sanno districare.

 

L’ex numero uno della Bce è importantissimo per chi oggi guida la Libia, anche per riannodare quei fili con la finanza mondiale che fin dal 2011 erano stati tagliati, anche a causa delle sanzioni dell’Onu: Draghi veste i panni di un partner di statura internazionale ma pure di un prezioso consigliere, di lusso, per riuscire a dialogare con chi comanda e regola i mercati. Tanto che a margine della visita, in campo libico, c’è chi ha fatto balenare la possibilità di dare concretamente il via a un progetto, quello di far traslocare la sede dell’Opec da Vienna a Roma.

 

Un’idea non nuova, che gira da almeno cinque anni, nata dalla considerazione che la capitale austriaca era stata scelta, dopo la prima sede di Ginevra, quando c’era il muro di Berlino. Lo scenario politico è cambiato, la «cortina di ferro» non c’è piu.

 

Roma sarebbe molto più comoda per chi governa le nazioni arabe, e mettere qui la sede dell’Opec offrirebbe davvero un ruolo centrale all’Italia nel Mediterraneo. Un gesto di cortesia e di ringraziamento, poi, nei confronti di Draghi, che è nato a Roma. Chissà...

 

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