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Le liti Pd e M5S aiutano Mario Draghi: il governo può lavorare meglio

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Francesco Storace
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Nonostante tutto, questa nostra Italia ha sempre lo stellone dalla sua parte. Vedere impegnati sulla Luna Pd e M5s a dover risolvere le loro beghe interne, aiuta indubbiamente Mario Draghi a concentrarsi sui problemi dell’Italia più agevolmente. Perché gli orfani di Conte – che ha il coraggio di rifarsi vedere in circolazione – sono davvero in tutt’altre faccende affaccendati. E per chi ha il compito di governare è un gran vantaggio, soprattutto nel momento in cui occorre scansare ostacoli sul piano di vaccinazione e sulla spesa per il Recovery Fund.

La situazione di Pd e pentastellati è al limite del grottesco, a partire dalla capriola di Nicola Zingaretti. Che nessuno ha ancora capito perché si sia dimesso – probabilmente neppure lui – se non per il fatto che si vergognava del suo partito. Però dovranno calmarlo, perché adesso si è pure messo a sbarellare pesantemente contro la Raggi, definendola una “minaccia” per Roma e costringendo i Cinque stelle a fare quadrato attorno a lei. Come aiuto al neosegretario Enrico Letta non avrebbe potuto fare di meglio…

Il quale Letta nel frattempo è alle prese con problemi importantissimi. Si è messo in testa di ridisegnare il perimetro di genere del Pd e vuole le donne. Disegno nobilissimo, per carità, ma che agli italiani in questo momento dovrebbe importare assai poco. Gli calano sul piatto le teste di Graziano Del Rio e di Andrea Marcucci: le correnti gliela faranno pagare prima possibile e quindi Draghi potrà continuare a veleggiare senza problemi sul fronte sinistro. Intanto, dall’altro versante, Matteo Salvini saluta con favore anche la linea “riaperturista” del premier. Lo scorno resta quello del ministro della salute Roberto Speranza.

Ieri Letta ha dovuto incontrare Giuseppe Conte perché vuole rifare l’alleanza con i Cinque stelle, anche se l’avvocato del popolo non ha ancora alcun incarico formale nel Movimento. Fatti loro, basta non avvisare delle rispettive volontà Matteo Renzi e Carlo Calenda, che potrebbero non gradire. Però gli ostacoli ci sono. Il fatto che Conte si creda già leader pentastellato lo espone ai malumori interni ai grillini ed è costretto a blindare la ricandidatura di Virginia Raggi al Campidoglio. Tutto questo accade al povero Giuseppi proprio mentre la piattaforma Rousseau batte cassa e ogni giorno si alza un parlamentare che se ne va: ieri è stato il caso del deputato siciliano Giorgio Trizzino, anche lui ha mollato M5s.

Diciamolo. Quando il vento cambia direzione è quasi normale che i partiti senza idee e privi di identità incontrino sempre maggiori difficoltà a resistere. E questo è un gran vantaggio per l’Italia. Proviamo ad immaginarli accanto a Draghi, ma da soli, senza Lega e Forza Italia. Avremo rischiato di finire anche adesso come Der Spiegel ci ha etichettato giorni fa, protagonisti di una risposta assolutamente carente alla pandemia.

Domenico Arcuri sarebbe ancora al suo posto e senza vaccini. La Protezione civile non sarebbe scesa in campo in maniera seria. Al ministero dello Sviluppo economico non si sarebbe pensato a convocare le aziende farmaceutiche italiane per lavorare al polo nazionale del vaccino. E tanto altro ancora. L’Europa ci avrebbe trattato come il solito Paese inaffidabile (“Sì, c’è Mario, ma dietro di lui ci sono sempre i soliti impiastri”). Pd e Cinque stelle continuerebbero a dire che siamo il Paese più bravo di tutti e qualunque frescaccia come quelle che ci hanno rifilato.  Sì, stanno in maggioranza, ma non riusciranno a fare tutti i danni che li hanno visti protagonisti nel 2020. Il governo dovrà fare ancora molto, ma magari riuscirà ad arginare il freno a mano alzato da quelli che pensano più ai problemi interni ai loro partiti che a quelli degli italiani. A pensarci bene, bisogna cogliere al volo l’occasione.

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