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Processo Open Arms, Orlando tratta Salvini molto peggio dei mafiosi

Francesco Storace
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Luca Palamara è vivo e lotta insieme a noi. Quel «sistema» venuto alla ribalta grazie a migliaia di intercettazioni continua ad essere la regola di certa giustizia, come quella che si accanisce contro Matteo Salvini, «colpevole» di contrasto dell’immigrazione clandestina.

 

 

Anche ieri, da Palermo le notizie sulla volontà di portare a processo Salvini per il «sequestro» della Open Arms vanno oltre ogni immaginazione e magari il prossimo 17 aprile – nuova udienza – ne sapremo di più. Quel giorno parlerà la difesa e forse si deciderà che cosa fare: se processare l’imputato o proscioglierlo.

Intanto emergono le prove della violazione delle regole da parte della nave Ong al centro della disputa mentre ciò che desta ancora più indignazione è la costituzione di parte civile del comune di Palermo e persino quello spagnolo di Barcellona. Ovviamente, chi giudica ha accettato quelle richieste.

E da qui partiamo, per raccontare quanto surreali siano le accuse al leader della Lega per fatti risalenti al suo mandato come ministro dell’Interno e anche ciò che accade attorno all’aula bunker del capoluogo siciliano. Perché proprio da qui si avverte la faziosità intollerabile di certa sinistra che confida sulla non ostilità della magistratura.

Il Comune di Palermo si costituisce parte civile contro quello che era il titolare del Viminale, dimenticandosi però di fare altrettanto con Cosa Nostra. Per Leoluca Orlando, Salvini è senz’altro più pericoloso dei mafiosi per la città che dovrebbe amministrare senza faziosità. L’assenza di senso del ridicolo, il disprezzo per gli atteggiamenti istituzionali, la prevalenza della propaganda sui doveri: come definire quello che ha combinato il sindaco di Palermo? Grazie a lui, un bel po’ di mammasantissima se la sono cavata senza risarcimenti al capoluogo siciliano. Tutto è accaduto pochi mesi orsono, a dicembre 2020. Il giudice Rosario Di Gioia – ha ricordato il consigliere comunale della Lega di Palermo Igor Gelarda - ha inflitto 46 condanne a boss e gregari di Cosa nostra, al termine del processo nato dalla maxioperazione «Cupola 2.0». E ha anche riconosciuto 155 mila euro di provvisionali alle parti civili, a titolo di risarcimento del danno. Oltre a vittime del pizzo - ben 28 gli episodi estorsivi ricostruiti dai carabinieri - e associazioni antiracket, si sono costituiti anche tre Comuni, Villabate, Ficarazzi e Misilmeri. Grande assente il Comune di Palermo, che non ha mai chiesto di essere ammesso tra gli enti offesi e danneggiati.

Invece, per il processo a Salvini, Orlando ha ordinato la fanfara. Ma c’è di più. Il magistrato che deve decidere se mandare a giudizio l’ex ministro, ha anche ammesso la costituzione parte civile del comune spagnolo di Barcellona, che vuole soldi perché finanzia la Ong Open Arms. Succede in Italia, lo stabilisce la nostra «giustizia». Alzi la mano chi reputa normale che ciò abbia un senso, che sia così che si amministra la giustizia.

E tutto questo accade mentre vengono alla luce fatti nuovi che dovrebbero far chiudere i battenti al tribunale e finirla con questa perdita di tempo che mette sul banco degli imputati decisioni di carattere politico di governo. Mentre la Procura della Repubblica di Palermo si accalora per portare Salvini a processo, si viene a sapere che cosa scriveva chi indagava e non era certo qualche adepto della guardia padana...

 

 

Sequestro di persona? Ecco che cosa annotava la Guardia di Finanza il 16 agosto 2019 a proposito della Open Arms: «Risulta evidente che una volta effettuata la prima operazione di soccorso in zona di competenza SAR libica, la nave indirizzava in maniera arbitraria la navigazione verso nord, facendo sin da principio desumere l’intenzione di porre in essere un’attività volta al preordinato e sistematico trasferimento illegale di migranti in Italia». Nei giorni successivi, il 20 agosto a colpire nel segno è un’altra annotazione, questa volta a cura del comando generale del corpo delle capitanerie di porto: «Nel caso di specie va evidenziato che le complessive condotte operate da Open Arms, incluso il mancato coinvolgimento delle autorità dello Stato di bandiera, il rifiuto di raggiungere Malta - nonostante la disponibilità manifestata dalle autorità maltesi - per procedere allo sbarco delle 39 persone tratte a bordo il 9 agosto e, in generale, la contraddittorietà delle condotte concretamente poste in essere rispetto alle finalità asseritamente perseguite, concorrono a delineare un modus operandi da cui, analogamente a quanto avvenuto in altre precedenti occasioni, può desumersi l’intenzione della Open Arms di operare ben al di fuori del rispetto delle predette norme e regole di condotta, ponendo in essere un’attività volta al preordinato sistematico trasferimento illegale di migranti in Italia». Insomma, sono gli uomini dello Stato a mettere sotto accusa la spregiudicatezza della Open Arms. Però sul banco degli imputati ci va Matteo Salvini. «Ma poi la cosa clamorosa – si sottolinea nello staff del segretario leghista – è la città di Barcellona che si costituisce parte civile perché Salvini avrebbe danneggiato Open Arms che il comune finanzia...».

Sull’udienza di ieri, c’è da dire che ormai il copione è sempre simile, anche perché si moltiplicano i processi a Salvini per sequestro di persona. Con le solite, gravissime accuse, nonostante le disposizioni di legge esistenti e semmai la collegialità delle scelte di quel governo di cui faceva parte – il Conte 1 – avrebbe dovuto vedere anche altri eccellenti imputati alla sbarra. I soliti due pesi e due misure della giustizia del nostro Paese.

Si procede in questa maniera, pensando di poter arrivare persino alla condanna giudiziaria di condotte esclusivamente politiche. E quello che appare davvero incredibile è che sia proprio la politica – inclusa quella avversa a Salvini – a non rendersi conto di una deriva assolutamente antidemocratica. È la prosecuzione del metodo Palamara: «Ha torto, ma va attaccato». Oggi tocca a lui, domani chissà.

 

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